Premessa
Prima della recensione, ho voglia di raccontarvi una favoletta. Perché? Lo scoprirete dopo!
LA REGINA DI LUCE E DI TENEBRA
C'era una volta un’ape di nome Emanuela, nota nel grande alveare del mondo virtuale, come "Strega" per la sua particolare attrazione verso fiori strani e oscuri, quelli solitamente scartati dalle altre api, perché ritenuti poco appetibili. L'ape Emanuela soffriva per queste creature che vivevano ai margini dei campi, che sembravano non avessero nulla da offrire. L'ape Emanuela, però, non smise mai di sperare. Da quei fiori tenebrosi, senza alcuna apparente luminosità, non faceva altro che succhiare il nettare, un nettare nero come inchiostro. Di ciascun fiore sapeva riconoscere tutte le qualità nascoste alle altre api. Il fatto era che l'ape Emanuela, in cuor suo, sapeva che quel nettare un giorno sarebbe diventato un miele forse addirittura più prezioso di quello ottenuto dai fiori considerati perfetti per via dei loro colori sgargianti.
Ogni giorno, l'ape Emanuela svolazzava tra i campi fioriti e operava la sua selezione, isolandosi dalle altre api. Così facendo, passava agli occhi di queste ultime come folle e strana, una vera strega da temere. Spesso ne suscitava l'ilarità: "Guardate! Eccola laggiù! È arrivata la strega! Si dà tanto da fare, ma non ha ancora capito che da quei fiori sbiaditi e spenti non ne caverà nulla, ma proprio mai nulla." Ma l'ape Emanuela non smise un attimo di credere nella validità dei fiori che selezionava con tanta cura. I coltivatori di fiori osservavano l'ape Emanuela, in parte affascinati da tanta sua solerte determinazione e in parte incuriositi dal suo dedicarsi a quegli “inutili fiori neri”. La sua caparbietà era scambiata per superbia. Ma l'ape Emanuela, incurante degli sghignazzi e delle considerazioni delle altre api e dei loro allevatori, continuò a svolgere operosa il suo lavoro quotidiano e a mettere da parte il nettare ricavato. L'ape Emanuela era sempre più attratta dalla fioca luce emessa da quei fiori. Iniziò così a svolazzare sui campi di quei coltivatori di fiori che più le assomigliavano. In realtà ne trovò ben pochi in grado di coltivare coraggiosamente il genere di fiori che le piacevano, fiori sì esternamente tenebrosi, ma fieri della loro natura diversa, della loro luce oscura. Finalmente arrivò per l'ape Emanuela il giorno di affidare il nettare da lei messo da parte nelle mani giuste: le sue! Diventò lei stessa coltivatrice di fiori e allevatrice d'api, pronta a trasformare il suo nettare in miele. Il risultato fu un miele pregiato. Ormai era davanti agli occhi di tutti: l'ape Emanuela aveva trovato nell'oscurità di quei fiori effettivamente una luce diversa e rara. Fu così che da "strega" passò a essere riconosciuta come la Regina di Luce e di Tenebra. Le sue api, ben nutrite e nere come i fiori sui quali erano solite posarsi, si trasformarono in corvi e i fiori neri in rovi, con frutti rettangolari e profumati di carta, ancora più preziosi del miele. Eh sì, perché comunque la magia continuò ad accompagnare sempre la Regina di Luce e di Tenebra.
Con questa favoletta, vi ho voluto presentare l'autrice di Inanna, Emanuela A. Imineo, divenuta editrice della Dark Abyss Edizioni, mettendo a frutto il suo lavoro di ricerca di “luce nell’oscurità”.
E ora benvenuti nel mondo sotterraneo sumero proposto da Imineo!
DESCRIZIONE/QUARTA DI COPERTINA
Mi presento all’Inferno per ciò che sono e dovrò essere. Innocente per quello che ero e Dannata per quello che ho fatto. Se proprio questa deve essere la mia punizione, voglio che venga messa da parte la vecchia me e ci sia spazio per la regina che l’Inferno richiede.
Inanna è Dea della natura e della bellezza, regina dei Cieli e della Terra. È sorella di Ereshkigal che, invece, non è più nulla.
Inanna proverà a discendere negli Inferi per salvarla, perché Ereshkigal è diventata Dea oscura, relegata nel Kurnugi, il Paese del non ritorno.
Inanna dovrà lasciare sette cose di sé in ogni livello infernale che attraverserà per raggiungere la regina delle tenebre.
La disperazione senza fine dei dannati graffia via il meglio di chiunque la attraversi.
Cosa resterà di lei?
Due sorelle, un'ombra e il dolore di dover vivere.
RECENSIONE
Inanna. Mitologia sumera è una rivisitazione in chiave dark horror trip del poema sumero “La Discesa di Inanna negli Inferi”. Imineo ci propone un retelling decisamente alternativo, in cui elabora il “mito” (termine greco non in uso presso i Sumeri) con un carico di fantasia che potrebbe riempire l’intero Inferno. L’Inanna della Imineo schiaffeggia ogni cellula del nostro corpo. Il tema del dolore, fil rouge che lega tutte le opere dell’autrice, è quanto mai centrale in questo libro: dolore lacerante, intollerabile nella vita quanto nella morte. Al tema del dolore, si unisce in modo speculare e perfettamente simmetrico, quello dell’amore, che prende la forma di un sentimento accecante e distorto in uno spazio vuoto da riempire, costi quel che costi.
Se avete una propensione innata per il genere e non avete paura di perdervi negli abissi e di viaggiare nel buio dell’inconscio, allacciatevi le cinture perché viaggerete con Inanna nel Kurnugi. È davvero meglio che vi teniate ben saldi al sedile della vostra infernomobile, senza mai scendere, perché ne vedrete delle “belle”. La lenta discesa nell'abisso, sarà qualcosa a cui vi troverete a partecipare con tutti i cinque sensi. Io sono pronta e voi? Ops! Ho dimenticato un piccolo dettaglio: nel Kurnugi non possono entrare i vivi.
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Imineo ci conduce, attraverso Inanna, nell’osurità più profonda e paurosa, in un viaggio per comprendere le nostre dinamiche inconsce, all’origine dei nostri comportamenti e reazioni, e quindi per indurci a riflettere sulla conoscenza di noi stessi. La presa di coscienza della morte e il confronto con il dolore, necessario per poter cicatrizzare le ferite, sono parte integrante di questo viaggio nell’oscurità.
INANNA: WHO IS? Trama
Inanna è la dea sumera dell’amore e della fertilità, che si arma di coraggio per scendere nell’inferno, per il bene dell’umanità, che non vorrebbe più vedere soffrire, e per salvare la sorella Ereshkigal, finita lì, nel luogo del non ritorno, a causa sua. No, alt! Siamo sicuri che sia davvero a causa sua? Su questo punto, vale la pena soffermarci. Ereshkigal “signora del gran luogo inferiore”, prima di essere relegata nel Kurnugi, era dea delle arti e della natura e conduceva la sua vita nel mondo superno. Si unisce in nozze, nonostante la riluttanza della sorella, con Enlil. Inanna vede quest’ultimo come un dio malvagio, che non ama la sorella e che vuole, attraverso le nozze con lei, spodestare dal trono An, Dio del Cielo e padre delle due dee. Inanna è convinta che il padre An non cederà mai il suo trono a Enlil. Ereshkigal allora, persuasa di questo e in preda al delirio e alla delusione, elimina il padre. Che guaio! Inanna è incredula che possa essere stata sua sorella a compire un tale crimine, preferisce dunque vedere il responsabile in Enlil. Ma l’oblio, la peggiore condanna da infliggere a un dio, spetta proprio alla sorella, che confessa il misfatto. Dunque perché non riconoscere a ognuna delle due dee le rispettive responsabilità? Inanna ha il torto di insinuare il dubbio a Ereshkigal, la quale, di conseguenza ha il torto di agire d’impeto, commettendo un’azione cruenta e imperdonabile. Eppure, a non essere perdonata, nella rivisitazione di Imineo, sarà la sola Inanna, che invece perdona la sorella per averla privata del padre. Inanna si sente colpevole di non essere riuscita a proteggere Ereshkigal da Enlil.
La storia si muove su due piani temporali, passato e presente, e due punti di vista. Prima conosciamo il punto di vista di Inanna, convinta che il padre An preferisca sua sorella, e dopo quello di Ereshkigal, convinta, a sua volta, che il padre preferisca Inanna. Tutto ciò porterà a fraintendimenti e mal compressioni che culmineranno in quanto detto sopra.
Inanna si trasferisce sulla Terra per aiutare gli esseri umani, che periscono senza un apparente motivo. L’oracolo di Ere fa sapere a Inanna che il Kurnugi pretende vendetta e giustizia. Inanna a questo punto decide di scendere all'Inferno per consentire agli umani di sopravvivere e per chiedere perdono alla sorella.
Ereshkigal desidera solo vendetta. La dea, Signora del Kurnugi, attribuisce a Inanna la colpa della sua fine e della separazione dal suo amato Enlil.
Inanna, dal canto suo, non si arrende. Vuole rivedere la sorella e farla tornare a essere ciò che era. Inanna incarna l’assolutezza del dolore, il senso di colpa inconsolabile. Il desiderio di essere perdonata, spingeranno la dea nell’abisso più profondo.
Il suo viaggio inizia con un sacrificio per poter accedere all'ingresso del Kurnugi e prosegue grazie a un prezzo che la dea, di volta in volta, accetta di pagare. Ogni livello è più terribile del precedente. A ogni livello del Kurnugi, Inanna deve offrire un dono. La dea finisce per spogliarsi di ogni suo bene, dalla corona, simbolo del suo potere, agli indumenti e ai gioielli, che la rendono la dea quale è. Inanna dunque rimane nuda e, in questo, umiliata. La nudità, che rappresenta metaforicamente la rinuncia a tutte le difese per arrivare alla conoscenza di sé, è l’ultimo prezzo prima del “non ritorno”. Quando Inanna non avrà più alcun oggetto da offrire, sarà pronta a offrire sé stessa e ciò che ha di più caro, ossia la fiducia nell' uomo, l’amore per l’umanità, la sua vocazione al bene? Alla fine, il suo lato oscuro predominerà sulla pulsione di vivere? Si abbandonerà alla morte? E soprattutto riuscirà a raggiungere la sorella? Eh se sì, come reagirà Ereshkigal? Rinuncerà alla sua vendetta?
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Inanna è non solo un’opera interessante sotto l’aspetto storico/mitologico, ma anche un esperimento narrativo coraggioso per i temi trattati e il modo in cui sono trattati. Il lettore rimane travolto dalle urla che rimbombano nelle caverne. Il Kurnugi, con le sue terribili insidie, è un luogo “trasformatore di anime”, una macchina del caos che non ammette di perdere contro chi osa sfidarlo. La mente di chi vi entra è resa vulnerabile, fino a cedere ai tormenti per assuefazione. E se non ci fosse nessuna consolazione, nessun rimedio, nessun riscatto? Forse davvero la salvezza sta nella completezza dell’essere e nell’accettazione del dolore come parte integrante del ciclo vita /morte.
L’opera presenta scene forti sul piano emotivo (es.: scena del bambino sacrificato agli dei per chiedere ritorno di Inanna) e descrittivo (es.: le torture inflitte ai dannati, in cui lo splatter è volutamente poco controllato), per tali motivi non è per tutti.
Inanna di Imineo è una un’opera visionaria, folle, crudele e intensa, un’opera che non lascia scampo, in cui il lettore è costretto ad andare a braccetto con la sofferenza, senza possibilità di fuga, un’opera che è un pugno nello stomaco.
PERSONAGGI
I personaggi, mai piatti e dalla psicologia complessa, sono vibranti di pulsioni brutali, di sentimenti contrastanti, di dubbi e di sofferenza.
Le due dee sorelle sono diverse ma complementari.
Molto apprezzabile il modo in cui l’autrice ha descritto le due Dee in tutte le loro turbolenze psichiche. La grande abilità di Imineo è riuscire a far empatizzare il lettore con personaggi segnati dal male, che normalmente dovrebbero suscitare tutto, fuorché sentimenti di compassione. Gli dei appaiono come esseri imperfetti, fragili al pari degli esseri umani, con sentimenti di vendetta e gelosia. Le anime dei dannati, abbrutite dalla loro sofferenza, sono senza speranza.
Difficilmente dimenticabile l’anima della giovane che si professa innocente riguardo l’assassinio del marito e alla quale sarà riservata una delle punizioni “creative” di Ereshkigal.
Inanna: dea dell' amore e della fertilità, colpevole di aver condannato la sorella nel Kurnugi e Enlil all’oblio. Con la sorella Erishkigal ha un bellissimo rapporto finché, a causa del suo spirito iperprotettivo, non palesa a Erishkigal i suoi dubbi sul conto del suo promesso sposo Enlil, Dio della guerra.
Inanna viaggia nell’oscurità, alla ricerca della redenzione per sé, alla ricerca del perdono, nella speranza di salvare la sorella che lei stessa ha condannato e soprattutto nella speranza di aiutare il suo tanto amato genere umano. In realtà, Inanna a un certo punto sembra abbandonare la possibilità di riscattare la sorella, forse rassegnata alla sua nuova natura, ma non demorde di fronte alla possibilità di riuscire a salvare gli esseri umani. Il viaggio nell’oscurità metterà in luce il suo lato oscuro. Inanna incarna il dolore che divora, il dolore insito nella vita. Affronta il viaggio che la cambierà per sempre nel Kurnugi con spirito indomito e molta ingenuità, che fa di lei una dea di cui “prendersi cura”, come se il lettore avesse in sorte il suo stesso destino. L’indole della dea la porta a dare amore a chiunque, anche a chi forse non lo merita.
“…sentiva crescere il bisogno di liberare quei dannati dalla loro agonia”
Ereshkigal
La sorella di Inanna, un tempo era Dea delle arti e della Natura e della purezza. Poi, macchiandosi di un delitto atroce, diventa Regina del Kurnugi (inferno), luogo di buio perenne, di perdizione, distruzione, vuoto, tortura, dolore. Non vuole che Inanna la raggiunga, in quanto nutre grande rabbia nei suoi confronti. Ereshkigal mostra di essere la sovrana perfetta di quel luogo. D’altronde, il suo risentimento cresciuto nel tempo, l’ha resa malvagia, glaciale, vendicativa e oltremodo sadica, soprattutto quando inventa nuove pene con cui seviziare i dannati. Ereshkigal, crudele sovrana della Casa della Polvere, è il personaggio che più dà filo da torcere. La si teme e nello stesso tempo ha un dolore “da accarezzare”.
"L'avevano fatta diventare sovrana degli Inferi e lei ora si sentiva davvero così ".
Ninshubur
Devota a Inanna fino a “non essere”, fino a perdere la sua identità/dignità, che viene assorbita da quell’idolatria che culmina nella pura follia e nauseabonda sudditanza, da essere il personaggio più disturbante per opposizione a ciò che s’intende normalmente per “disturbante”. Questo per una sensibilità moderna. Ma stiamo parlando di un’umanità altra, un’umanità che agli dei era pronta a offrire in sacrificio anche la propria vita.
Enlil
Inanna crede che Enlil voglia sposare la sorella solo per avere il regno del cielo. Sarà veramente così? Enlil è davvero solo bramoso di potere e di sangue? È davvero un "Dio miserabile e ingannatore" che “pensa che l'amore sia un' emozione sciocca, una debolezza da eliminare"? Enlil, il Dio della guerra condannato all’oblio, potrebbe meritare un ritratto meno duro rispetto a quello che traiamo dal punto di vista d Inanna?
TEMI-MESSAGGI
Accettazione del dolore
Che cos’il dolore? Il dolore è presentato come una forza potente che rema contro la vita, se non accettato come parte della vita stessa, una forza che acceca, che non fa vedere la realtà e che devia nella follia, una forza oscura che manipola la nostra mente, rendendoci incapaci di elaborarlo e accettarlo. Vincere il dolore forse è la via della felicità?
Perdono e vendetta
Si dice che la miglior vendetta sia il perdono, ma non per l’Ereshkigal di Imineo. L’autrice ha voluto che la dea avesse la sua vendetta, che non rinunciasse al suo odio, rendendola incapace di redenzione, aspirata totalmente dal suo dolore.
La scoperta del nostro Io più profondo: faccia a faccia con il nostro lato oscuro
La Discesa negli inferi di Inanna rappresenta la scoperta del nostro Io più profondo, la ricerca di completezza ed equilibrio a cui ogni essere dovrebbe tendere senza paura.
La scelta
Per accedere all'ingresso del Kurnugi, Inanna deve fare un’offerta, un sacrificio di sangue: uccidere un giovane, considerato la “chiave” per entrare. Il momento della scelta è uno dei più toccanti. Inanna, Dea dell’Amore, deve uccidere.
AMBIENTAZIONE
Ci troviamo in Mesopotamia, a Uruk (la prima città opera dei Sumeri, grande popolo cui si deve l’invenzione della scrittura). Una scelta coraggiosa e raffinata quella della Imineo che pone il lettore in contatto con un pantheon poco conosciuto, ma di grande fascino. An, Enil, Enki, Inanna e Ereshkigal occupano la scena tra cielo e terra, tra il mondo divino e gli abissi infernali. L’ambientazione è cupa, terrorifica e malinconica. Mira a generare tensione e angoscia. Dà un’impressione di grande desolazione. Il Kurnugi (inferno), luogo di sofferenza e crudeltà senza limiti e senza alcun bagliore di speranza, è descritto in modo tale che il lettore lo immagini senza fatica. Le urla, il buio, il vuoto, il Male caratterizzano il Kurnugi.
STILE NARRATIVO
La penna di Imineo scorre sulle pagine con padronanza e sicurezza, consentendo al lettore di immergersi nelle vicende ed entrare nell’anima dei personaggi, nei loro aspetti più torbidi. La storia è scorrevole e lo stile evocativo e spietato quanto il contenuto. Le parole scivolano in un raso nero intriso di veleno. L’autrice è prodiga di dettagli. Le torture inflitte alle anime dannate sono descritte in modo minuzioso (p. 172 in particolare, non è per tutti). Lo splatter è servito quasi come un dessert, ma ha la sua ragion d’essere: rende il dolore tangibile, senza fine. Il dolore, matrice della vita della morte, è raccontato in tutta la sua crudezza. L’autrice è abile nel calarsi nella personalità delle due dee protagoniste e a trasmetterne le emozioni al lettore. L'alternanza dei punti di vista agevola il lettore nella comprensione delle azioni delle due dee.
CONSIGLIATO A…
A un pubblico adulto. L’importante è non aspettarsi il classico retelling e aver ben chiaro che è un viaggio in cui il lettore è invitato a mettersi faccia a faccia con la parte più oscura di sé.
Invito caldamente i lettori a leggere le note dell’autrice, per avvicinarsi meglio al mood con il quale è stato scritto il romanzo.
CITAZIONE
“L’essere umano si era così abituato alla morte che si era adattato a vivere ogni istante sapendo che poteva essere l’ultimo, rallegrandosi di vivere qualche attimo in più”
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