FILM E SERIE TV
DOVEROSA PREMESSA
La serie mi è stata suggerita da qualcuno che, con impeccabile intuito, sapeva che avrei finito per immergermi avidamente in ogni episodio. Una di quelle rare persone dotate non solo di buon gusto, ma anche del dono di introdurti alle cose giuste nel momento esatto in cui sei pronto ad accoglierle.
Tra le tante serie che mi hanno tenuta incollata allo schermo, Peaky Blinders si è guadagnata un posto speciale. Perché? Per la sua capacità di intrecciare un'epica criminale con profonde riflessioni sulla natura umana, arricchita da personaggi strutturati in modo credibile, una regia sensibile ai dettagli e un'atmosfera intrisa di tensione e simbolismo, dove ogni elemento visivo e sonoro dialoga con la narrazione. Peaky Blinders mi ha conquistato per come traduce il trauma collettivo della Grande Guerra in conflitti personali e familiari, rendendo la lotta per il potere non solo politica ma esistenziale. La serie, difatti, non si limita a raccontare una storia: scolpisce archetipi moderni in un contesto storico, rivelando l'eterna fragilità dell'uomo davanti all'ambizione, alla vendetta e alla memoria.
Ammetto che, fino a qualche anno fa, guardavo le serie tv con una certa sufficienza. Le consideravo poco più che telenovelas con una trama appena più elaborata. Poi ho ceduto alla curiosità, iniziando con La casa di carta e Lost e… e mi si è aperto un mondo. Ho scoperto che le serie TV non sono solo storie da seguire: ma prodotti “cattura cervello”, costruite per creare dipendenza. Lo capisci quando, alle tre del mattino, con gli occhi cerchiati e una tazza di tè ormai freddo accanto, con aria perdente, clicchi su “Prossimo episodio”. Impossibile resistere!
ANNO
2013-2022
GENERE
Drammatico, storico, poliziesco, giallo, noir.
CURIOSITÀ
“Peaky Blinders” è un mix potente di dramma storico e intrighi criminali, con un’estetica moderna che si fonde perfettamente con l’epoca post-bellica (Grande Guerra), dando vita a un’epopea di stile, potere e fragilità. Creata da Steven Knight, la serie si articola in sei stagioni per un totale di 36 episodi, ciascuno della durata media di 55-60 minuti. La narrazione combina il dramma storico, in cui potere e trauma si alimentano a vicenda, con il noir criminale, il tutto impreziosito da una colonna sonora che rompe ogni convenzione temporale. Ad esempio, c’è una canzone di Marilyn Manson, ossia la sua versione del brano “Sweet Dreams (Are Made of This) degli Eurythmics. Il brano è stato utilizzato nella scena d’apertura della seconda stagione, adattandosi perfettamente all’atmosfera oscura e intensa della serie, aggiungendo un ulteriore strato di potenza alla narrazione. Tenevo a menzionarlo!😉
CONTESTO STORICO
La serie è ambientata nella Birmingham del 1919. Il contesto storico è decisivo per comprendere l’essenza della serie. L’Inghilterra sta cercando di adattarsi alla devastazione fisica, psicologica ed economica causata dal conflitto. Le cicatrici della guerra sono visibili nei protagonisti, ma anche nella città di Birmingham, un luogo che nel dopoguerra è segnato dalla povertà, dalla disoccupazione e dalla crescente criminalità. La serie mette in luce l’emergere di nuovi attori politici e sociali: gli ex soldati, i lavoratori, le donne che lottano per il loro posto nel mondo e la crescente influenza delle forze malavitose che cercano di guadagnare terreno in un’Inghilterra post-bellica destabilizzata. Ma è anche il periodo in cui le tensioni sociali si intrecciano con movimenti politici radicali, come il socialismo e l’ascendente fascismo, che cominciano a guadagnare terreno in Europa. È in questo scenario che la serie esplora la fragilità delle strutture istituzionali e politiche, mostrando come, in tempi di incertezze economiche e morali, la politica e la criminalità si mescolano in una danza per il potere.
TRAMA E PERSONAGGI
In tale contesto, nascono i Peaky Blinders, una gang che si fa strada nel caos e nell’incertezza, mette in gioco la propria umanità. Guidata dall’enigmatico Thomas Shelby, interpretato da Cillian Murphy, il quale è un leader tanto brillante quanto tormentato, la gang cerca di elevare la propria famiglia da una realtà di crimine di strada a un’egemonia imprenditoriale. L’ambizione di Thomas non conosce limiti, ma il suo cuore porta i segni indelebili della guerra e delle perdite personali. Thomas riesce a penetrare nei meccanismi del potere legale e finanziario, confrontandosi con personaggi politici, industriali e mafiosi, ognuno con il proprio interesse a mantenere o spostare gli equilibri di potere.
Accanto a lui, Arthur, il fratello maggiore, combatte i suoi demoni interiori con una brutalità feroce e una vulnerabilità disarmante. Polly Gray, interpretata da Helen McCrory, è la colonna portante della famiglia: una donna astuta e autoritaria, capace di affrontare qualsiasi tempesta con dignità e astuzia. Ada, l’unica sorella Shelby, rappresenta la voce della ribellione morale, mentre John e gli altri fratelli completano il quadro di un clan unito ma spesso dilaniato da tensioni interne.
La trama si snoda tra rivalità con altre gang, scontri con la legge – incarnata dal rigido comandante Chester Campbell – e alleanze inattese, come quella con Alfie Solomons, leader ebreo interpretato da Tom Hardy. I nemici, tra cui la famiglia mafiosa dei Changretta, aggiungono un ulteriore strato di tensione e dramma, mostrando quanto il mondo dei Peaky Blinders sia spietato e imprevedibile.
La serie esplora temi di potere, lealtà, tradimento e vendetta, immergendo lo spettatore in un’epoca segnata da instabilità sociale e politica. La lotta di Tommy per espandere il suo impero, tra alleati e nemici, si intreccia con le sfide personali dei membri della famiglia Shelby, che devono fare i conti con il passato traumatico della Grande Guerra. L'atmosfera cupa, i dialoghi taglienti e il ritmo narrativo alternano momenti di grande tensione a riflessioni sulla natura umana e sul prezzo del potere.
LA MIA OPINIONE
“Peaky Blinders” non solo è una serie di crimine e potere, ma è anche una riflessione che va oltre la superficie dei suoi personaggi, esplorando le loro vulnerabilità, le cicatrici lasciate dalla guerra e le complessità delle relazioni familiari.
Non è una serie che si può seguire a neuroni spenti. La trama implica una certa conoscenza delle dinamiche umane più complesse e dei meccanismi di potere che si intrecciano tra vendette, alleanze e tradimenti. Le alleanze tra le diverse fazioni (sia politiche che mafiose) e la crescita delle forze fasciste in Inghilterra, come si vede nelle stagioni più avanzate, aggiungono una complessità socio-politica che non si limita alla mera rivalità tra bande, ma diventa un simbolo di come la violenza e il potere possano mescolarsi con la politica, per determinare il futuro di intere classi sociali e della nazione stessa. Peaky Blinders così diventa una riflessione sul potere, sulle sue origini e sulla sua evoluzione, un'analisi che, purtroppo, sembra risuonare anche con dinamiche contemporanee.
Mi ha colpito particolarmente come la serie riesca a rendere umani anche i personaggi più spietati, come Thomas Shelby, un uomo che oscilla costantemente tra il genio strategico e una brutalità quasi insostenibile. Ho apprezzato la sua lotta interiore, la sua incapacità di aprirsi completamente, che lo rende un personaggio tanto affascinante quanto dolorosamente inaccessibile.
E poi c'è l’amore tormentato tra Tommy e Grace, un amore che non riesce mai a liberarsi completamente dalle ombre del passato. Mi aspettavo che la loro relazione finisse in un abbraccio liberatorio, ma la realtà è più complessa e i segreti tra loro sembrano inevitabili. Grace, inizialmente un’infiltrata della polizia, tradisce la fiducia di Tommy, ma la sua stessa vulnerabilità fa sì che la relazione resti sospesa tra amore e inganno. Tommy, dal canto suo, pur essendo tormentato dal passato, avrà altre storie, come quella con Lizzie Stark, ma il suo legame con Grace è sempre quello che lascia il segno. Ogni tentativo di allontanarsi da lei sembra solo intensificare la sua ossessione per lei, rivelando quanto sia difficile per entrambi liberarsi dai loro demoni. Ho trovato interessante come Grace sia una figura tanto seducente quanto fragile, e come, nonostante i suoi errori, la sua lealtà alla fine resti una costante nella vita di Tommy.
Le atmosfere di Birmingham, con le sue strade fangose e le fabbriche che sembrano il riflesso di trincee ancora vive, mi hanno immerso completamente nel contesto storico, ma ciò che mi ha sorpreso è stato l’uso di una colonna sonora che spazia da Nick Cave agli Arctic Monkeys, creando un contrasto inaspettato ma incredibilmente potente. Mi aspettavo che la musica fosse un elemento tradizionale, in linea con l’ambientazione storica, e invece mi ha colpito vedere come essa potesse intensificare le emozioni e i momenti di tensione.
Ho apprezzato la capacità di riflettere su un’epoca storica segnata da profonde fratture sociali e politiche, pur incentrandosi su personaggi così singolari. Oltre la violenza, le dinamiche familiari e il potere, c’è una dimensione più sottile che riguarda l’analisi della disillusione post-bellica e del trauma collettivo. La serie non si limita a raccontare la risalita di un clan dalla miseria, ma esplora anche il dolore, la solitudine e il disorientamento di una generazione che ha vissuto l’orrore della Grande Guerra. Tommy Shelby, in particolare, è l’incarnazione di una nazione che non riesce a risollevarsi dalle cicatrici della guerra, un uomo in lotta con le proprie ombre, ma anche con quelle di una società che fatica a trovare una nuova identità.
Un altro aspetto che ho trovato interessante è la capacità della serie di esplorare il tema della violenza senza mai semplificarlo. È tragico vedere come la sofferenza e la crudeltà diventino parte di un ciclo che si tramanda, come un peso che viene inevitabilmente imposto a chi cresce in un mondo dove la violenza è all’ordine del giorno. È un ricordo doloroso di come il passato e la brutalità del presente influenzino ogni aspetto della vita familiare, dalla più grande alla più piccola delle generazioni.
Ho trovato la figura di Arthur Shelby incredibilmente tormentata, quasi dolorosa da seguire. Arthur è lacerato tra il suo lato violento e il desiderio di cambiare vita per la sua famiglia. Mi ha stupito come, nonostante la sua apparente brutalità, sia un personaggio che merita empatia, soprattutto quando si vede come il suo trauma post-bellico influisca sulle sue azioni. Ho sperato che la sua lotta interiore lo conducesse verso un qualche tipo di redenzione, ma la sua spirale autodistruttiva, sebbene tragica, è in fondo quella di tanti uomini segnati dalla guerra.
“C’è bontà nel mio cuore, ma queste mani appartengono al diavolo”
Arthur, Stagione 5, puntata 3
Tra le scene erotiche e quelle di violenza, mi sono sentita come sulle montagne russe…Un occhio aperto e uno chiuso… La serie mescola abilmente questi due estremi, creando un contrasto netto che, da un lato, stimola il desiderio e l’intimità, e dall’altro, scuote con la crudeltà e la brutalità. Questa alternanza tra piacere e dolore, tra passione e crudeltà, mi ha messa alla prova, costringendomi a confrontarmi con la complessità delle emozioni umane in tutte le loro sfaccettature. Non è facile accettare un mondo dove il confine tra l’amore e la violenza è così sottile, ma è proprio questa contraddizione a rendere la serie affascinante.
Sebbene la serie non si faccia scrupoli a cadere in qualche stereotipo, come nella rappresentazione degli italiani e dei rom, la scrittura e i dialoghi rimangono sempre incisivi, riuscendo a mantenere una certa autenticità anche in queste situazioni. Mi aspettavo che questi momenti potessero risultare forzati, ma la bravura degli sceneggiatori riesce a tenere tutto insieme senza mai scadere nel banale.
Uno degli aspetti che più mi ha turbato è la rappresentazione, fin troppo realistica, dell’intreccio tra politica e malavita. Non si tratta solo di favori sottobanco o alleanze di convenienza: è un rapporto intricato, dove il potere si sporca le mani e la criminalità si veste di rispettabilità. I protagonisti manipolano e vengono manipolati, in un gioco di forza che coinvolge tanto le strade fangose di Birmingham quanto i corridoi eleganti del potere. Questo connubio, purtroppo, riflette una realtà che supera la finzione. La politica, che dovrebbe rappresentare i valori più alti e la volontà del popolo, si rivela spesso vulnerabile alla corruzione e alle dinamiche del crimine organizzato. È un tema che mi lascia un senso di amarezza: quanto del mondo che ci circonda è davvero immune da questi giochi di potere?
E poi, “Peaky Blinders” è una serie che non solo racconta una storia, ma riesce a immergerci nel cuore dei suoi personaggi, nelle loro sofferenze, nei loro sogni e nei loro conflitti. Mi ha coinvolto emotivamente e intellettualmente, rendendo ogni episodio non solo un piacere da guardare, ma anche un’opportunità per riflettere sul potere, sulla lealtà e sul prezzo delle proprie scelte.
COSTUMI
Come appassionata di moda anni Venti non posso non menzionare i costumi (c'è forse un'epoca in cui c'è stata più eleganza?). Speravo che Peaky Blinders avrebbe trattato l’abbigliamento con la stessa cura che riserva alla trama, e devo dire che non sono rimasta delusa. A differenza di film come Il Grande Gatsby, dove l’opulenza dei costumi sembra quasi un altro personaggio, qui l’abbigliamento è parte integrante della storia, perfettamente in sintonia con il contesto sociale e storico. I tessuti grezzi, i tagli eleganti ma funzionali, sono un segno distintivo di un’Inghilterra operaia e criminale, che pur nella sua durezza, conserva un’eleganza inaspettata.
CONSIGLIATA A...
La serie contiene scene di violenza esplicita, tra cui combattimenti, sparatorie e atti di brutalità legati al contesto criminale. Sono presenti anche scene erotiche e momenti di nudo parziale, sebbene non predominino rispetto alla trama. Il linguaggio è spesso crudo e diretto, con riferimenti frequenti all'uso di alcol e droghe. Peaky Blinders non è adatta a un pubblico di età inferiore ai 14 anni, poiché affronta tematiche mature e presenta scene intense che potrebbero risultare inadeguate per i più giovani.