RECENSIONE di Elisa Averna
Titolo: Il vuoto di Yamauba
Autrice: Emanuela A. Imineo
Editore: Press & Archeos
Data pubblicazione: 10 maggio 2021
Serie: autoconclusivo
Pagine: 226
Genere: retelling*
Il vuoto di Yamauba è un retelling della leggenda di Yamauba, un mostro della mitologia giapponese, la vecchia strega delle montagne che ruba bambini per nutrirsene, ma che nel romanzo della Imineo è una giovane donna ribelle, costretta in un matrimonio con un marito despota.
BIOGRAFIA AUTORE
Emanuela Angela Imineo è una strega che non indossa un cappello nero e non vola su una scopa di legno. La sua passione per l’esoterismo e i vari studi condotti negli anni la portano nel 2014 a creare il sito letterario ed esoterico Il Mondo di Sopra, che a oggi è un punto di ritrovo per quelle streghe moderne che si dilettano nella lettura di romanzi di vario genere e nel paganesimo. Come divulgatrice ha pubblicato Guarda oltre ciò che vedi, Diary of the witch. Come autrice ha pubblicato Al di là di Borgo Opaco, Nascosta nell’abisso, Custode dell’Oltretomba, Storie che durano un abbraccio, Il vuoto di Yamauba. Emanuela è stata inserita tra i Book Influencer nel giugno 2020 nel libro Book Influencer chi parla di libri e dove trovarli, a cura di Giovanna Burzio per La Corte Editore. Nel 2021 apre la sua casa editrice non a pagamento: Dark Abyss Edizioni dove le storie volano su ali di corvo.
DESCRIZIONE/QUARTA DI COPERTINA
Giappone, età feudale. Yamauba è divenuta mamma di uno splendido bambino. Il marito, stanco di quella donna che ormai ha trovato nel figlio il fulcro dell’esistenza, escogita con sua madre un piano per liberarsene: spingerla al suicidio, facendole credere di aver avvelenato il piccolo con il proprio latte. Così avviene e Yamauba, additata come strega e aggredita dagli abitanti del villaggio, è costretta a rifugiarsi in una caverna sui vicini monti. Convinta di aver ucciso il figlio decide di lasciarsi morire ma, per volere degli Dei, Yamauba sopravvive scivolando nella follia. Tra foreste cupe e distese innevate, la sua unica compagnia saranno gli Yōkai: spiriti crudeli e pericolosi, votati all’inganno. Guidata da uno di essi, Yamauba cederà ai peggiori istinti, nutrendosi di carne umana e accettando di perdere l’anima.
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PREMESSA
Generalmente mi limito ad appuntare le mie osservazioni. Parafrasando Verdone “Questa penna può essere vetriolo o velluto. Oggi è velluto”.
IN COMPAGNIA DI YAMAUBA DALLE ORE 23:00 DI UN GIORNO QUALUNQUE
Ore 23:00 di un giorno qualsiasi prima di leggere “Il Vuoto di Yamauba”. Eh sì, un giorno qualsiasi “prima di leggere”, perché dopo, come è giusto che accada quando una storia ti entra dentro e ti lacera l’anima, non sei più la stessa, qualcosa di te cambia, si evolve dopo l’esplorazione di un nuovo mondo che diviene parte di te. I personaggi rivendicano un posto nel tuo cuore per sempre. Mi trovo sdraiata sul letto, imbacuccata come una befana, con tanto di scaldino sui piedi, come in una trincea per proteggermi dalle emozioni sollecitate dalla lettura che mi accingo a fare. Finalmente, dopo una giornata tiranna di doveri e impegni, mi concedo il mio, direi meritato, relax. Un libro scelto e voluto che, finalmente, ho tra le mani. E siccome il mio edonismo di lettrice, si sposa anche con quello della tavola, sgranocchio snack piccanti alle alghe, mentre ne sfoglio curiosa le pagine. Ne apprezzo le illustrazioni di Paolo Massagli e l’impaginato curato.
Sono pronta!
“Le avrebbe tolto il bambino nato da pochi mesi: era certo che così Yamauba sarebbe morta”.
Questa semplice riga dell’incipit mi tocca in modo violento e sublime. Avrò a che fare con una madre e il dolore per la perdita di un figlio. So già che la storia narrata non mi lascerà scampo sul piano emotivo, tenendomi legata ad essa anche dopo averla letta.
Sono pronta a tuffarmi nell’abisso oscuro. Leggo vorace. Leggo e vivo. Leggo e piango. Leggo e sto male. Leggo e sto bene. Senza quasi neanche accorgermene arrivo all’epilogo. Lo strazio è totale. Sono travolta da uno tsunami di emozioni sopite. Il male e il bene sembrano non avere più confini netti.
IL TEMA CENTRALE: LA DUALITÀ DELL’ESSERE UMANO
La dualità dell’essere umano, tema centrale del romanzo, diviene esperienza morale e simbolica. Qui non serve nessuno sforzo ermeneutico per tematizzare l’ambivalenza che si muove tra i due poli: è un’evidenza apodittica. Il bello e il brutto, il buono e il cattivo, il bene e il male non si configurano più come elementi ontologicamente separati. L’autrice mette a fuoco la soglia mobile in cui tanto il diverso quanto il proprio si costituiscono. Con la sua arte dialettica, ne fa emergere il moto e le oscillazione in modo unitario nell’animo dei suoi personaggi. Ed ecco che nel romanzo ambivalenza e polarità convivono in modo paradossale. Il lettore è portato ad accettare le distorsioni del reale come “normali”, a emancipare dalle sue categorie mentali l’assolutizzazione delle differenze, a oltrepassare lo sdegno a favore dell’umana comprensione di ciò che cerca ragione nella follia, a fare pace con un dualismo altrimenti conflittuale fino a considerare bene e male concetti intercambiabili. Le pagine de “Il vuoto di Yamauba” sono un itinerario verso la naturalizzazione dell’inumano, uno sguardo all’umanità mostrandone limiti e ragioni, un’illusione di giungere alla completa chiarificazione di ciò che veramente siamo, di quanto le nostre azioni siano dettate dal libero arbitrio e quanto invece da eventi esterni che ci soverchiano. Rimane l’amara constatazione che è impossibile conseguire un’interpretazione coerente e adeguata del reale. La verità della conoscenza del mondo reale rimane un miraggio. Ciò che governa il cuore è il caos, che, in quanto tale, non ha regole. Ciò che governa l’istinto è l’irrazionalità che spinge l’uomo anche a fare ciò che non desidera. E così il corpo di Yamauba è il luogo del conflitto, del dolore. Il corpo di Yamauba esige ciò che la sua mente rifiuta. Yamauba dimentica. La rimozione in lei diventa sopravvivenza. Yamauba è sola, terribilmente sola, e il dolore la consuma. È famelica di altre vite. Ma il suo vuoto resta incolmabile. La sua identità, un tempo intessuta dalle dinamiche familiari, nel monte innevato di Shirouma è orfana di ricordi. Le sue azioni prescindono dalla sua volontà. Ymauba, la terrificante e mostruosa Yamauba, è colpevole forse senza esserlo. Vittima e carnefice a un tempo, Yamauba si perde, perde la ragione e vive nel dolore più tetro e inconsolabile.
IL TEMA DOLORE/FOLLIA
"Un essere umano non avrà mai modo di trovare una soluzione al proprio dolore. È un sentimento così devastante che spesso trascina l’anima nel buio, senza darle modo di ritornare indietro. Il dolore ti ingoia e ti cambia, e la mente, così razionale, cerca una soluzione, ma spesso trova solo quella di rendere l’essere umano lo spettatore del male e non più il protagonista"
Yamauba è la quintessenza del dolore che sovrasta il raziocinio, che conduce alla follia, all’oscurità, che s’impone in tutta la sua efferatezza. Il tema del dolore/follia è ciò che mi ha portato a voler leggere fortemente questo romanzo, un tema che mi è molto caro anche come autrice. Emanuela A. Imineo, con il suo sguardo sensibile e la sua penna pungente, ha voluto raccontare senza filtri, senza edulcorare ciò che è. Il dolore della perdita diventa “vuoto”, un vuoto insaziabile. L’abbrutimento che ne consegue diviene follia. Il dolore ingestibile è lo spettro della paura. Yamauba è la madre che fa del male senza volerlo al suo bambino. Yamauba è il mostro da condannare ma anche da consolare.
AMBIENTAZIONE
Con Il vuoto di Yamauba ci troviamo catapultati nel Giappone di età feudale, tra samurai con la loro rigida disciplina codificata nel Bushidō e con i loro rituali di espiazione, tra superstizioni che portano la gente ad additare come strega una donna, solo perché ribelle, perché non vuole essere sottomessa a un marito despota. Il Giappone del Vuoto di Yamauba è quello che vive nel folklore del popolo nipponico. Vi si aggirano nelle nebbie dell’oscurità esseri misteriosi, divini, sovrannaturali, maligni, benevoli, magici dall’aspetto umano o animale o di pure spirito. E così troviamo gli Yōkai, spiriti inquieti benevoli o malevoli; la Yukionna, spirito femminile della neve che ammalia le sue vittime per poi ucciderle; gli Ōyamatsumi, divinità delle montagne e i tanuki, animali muta forma ingannatori e molte altre creature di fantasia. Ci imbattiamo nelle cerimonie tradizionali, come quella del Genpuku , che sancisce il passaggio all’età adulta, o del festival Obon in cui le anime ritornano nella terra per ritrovare i propri familiari.
I PERSONAGGI E I LORO LEGAMI CORROTTI
Yamauba ha il torto di ribellarsi a una società patriarcale che vuole la donna sottomessa. La donna osa rivendicare collaborazione per svolgere le mansione domestiche. Il marito, Akuma, la detesta, la considera pericolosa, un essere inferiore avvezzo al male, una “strega”. Akuma induce la donna a credere di aver avvelenato con il suo latte il loro bambino. Lei non è più lei. La perdita del figlio la strazia. Perde il senno. Cerca il figlio Takara nei ricordi, non raggiungendo la verità. Takara cresce con la nonna Jaakuna, possessiva e responsabile quanto, se non di più, del complotto ai danni di Yamauba. Takara sente la sua vita incompleta, perché della madre non ha neanche un ricordo. La nonna e il padre sono restii a parlare dell’oggetto del loro odio. Jaakuna ha un legame morboso con il nipote e tenta di sostituirsi alla madre naturale. Akuma non sopporta la madre e neanche il figlio. Attaccato alla sue ricchezze è anaffettivo e arido e vuole il controllo su tutto e tutti.
LO STILE DELL’AUTRICE
Imineo scrive in modo fluido ed efficace. Le descrizioni anche degli ambienti non sono mai ridondanti, ma sono strettamente connesse alla psicologia dei personaggi: il freddo e il ghiaccio della montagna è speculare al ghiaccio del cuore di Yamauba, quando consuma i suoi pasti di carne umana. Emanuela A. Imineo usa frasi essenziali, non farcite dall’inutile. Il lettore non è mai distratto dal superfluo perché nulla è superfluo nello stile spezza-cuore dell’autrice. L'autrice infrange i tabù, non ha paura di incastonare nel racconto gemme di inaudita crudezza descrittiva, perché ogni oscurità ha la sua luce e ogni paura più profonda, il suo coraggio.