TITOLO: Le campane di San Pietroburgo
Autrice: Jessica Marchionne
Editore: Words Edizioni
Data pubblicazione: 18 gennaio 2021
Serie: autoconclusivo
Pagine: 120
Genere: fantasy-storico – realismo magico
BIOGRAFIA AUTORE
Jessica Marchionne è nata a Sezze nel 1991. È laureata in ‘Editoria e scrittura’ e ha continuato a
frequentare corsi e tirocini anche dopo gli studi nella speranza di trasformare la sua passione in lavoro.
Legge da sempre qualsiasi genere anche se predilige il fantasy e lo storico. Ha un blog ‘Luce sui libri’
dove recensisce libri di autori emergenti e dispensa ogni tanto qualche consiglio. Ama i videogiochi, gli animali e pensa che l’autunno sia la stagione che meglio le si addice.
Le campane di San Pietroburgo edito da Words Edizioni è il suo romanzo d’esordio.
DESCRIZIONE/QUARTA DI COPERTINA
Viktor è solo un bambino di dieci anni, quando riceve in dono dal fratello Ivan un diario, a dire del fratello, magico, perché capace di realizzare tutto quello che vi viene scritto. Viktor, dapprima scettico, si convince della magia di quell’oggetto offertogli dal fratello con tanto amore. Scrive nel suo diario tutti i suoi desideri e gli affida il suo sogno di diventare Zar. Ma la sua vita, con il ritorno di Lenin e l’inizio della rivoluzione, è destinata a essere stravolta: viene venduto dal padre a uno strano uomo di nome Gavril, segnato dalla perdita di moglie e figli. Di loro gli resta solo un orologio fermo, che all’improvviso riprende a ticchettare con l'arrivo di Viktor. Quando Palazzo d’Inverno viene attaccato, però, tutto sembra perduto ancora una volta. Anni dopo, Viktor incontrerà Anastasia Romanov, e insieme a lei, dopo essere diventato Zar, riconquisterà la città fino all’avvento di Stalin. Ma ecco che, quando le campane di San Pietroburgo risuoneranno, il diario rivelerà ancora una volta la sua magia. E cosa ne sarà di Gavril, legato a quell’orologio che segna il tempo in bilico tra la vita e la morte?
Nella Russia di Lenin e Stalin, della fierezza imperiale dei Romanov, tra la neve, le rose e il sangue "Le campane di San Pietroburgo" mescola realtà e finzione, storia e fantasia, in un intreccio ricco di avvenimenti e colpi di scena.
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Recensione
DUE STORIE INTRECCIATE TRA LORO
Ho letto questo romanzo non appena uscito, eppure in me i ricordi sono vividi, come se lo avessi appena terminato. Due notti in cui mi sono lasciata avvolgere dall’atmosfera affascinante di San Pietroburgo, di cui ancora sento il freddo nevoso. Una storia di legami familiari mancati o spezzati, una storia di amicizia, una storia di magia che mi ha coinvolto dalla prima all’ultima pagina. Leggere questo romanzo è stato un tuffo in una narrazione a tratti struggente e melanconica e a tratti ruvida e dura. Il romanzo si apre con una citazione di Serge Esenin per poi catapultare il lettore nella spopolata San Pietroburgo (in seguito Pietrogrado, poi Leningrado fino al periodo staliniano), con la Grande Guerra che incombe nelle vite anche delle famiglie più agiate, trascinando con sé sangue e morte.
Il romanzo è strutturato in due storie collegate tra loro, entrambe accarezzate dal velo della magia, che muove gli eventi: quella di Viktor, un bambino solo, non amato da chi dovrebbe amarlo, ossia la sua famiglia con l’unica eccezione del fratello maggiore Ivan, che gli regala un diario; e quella di Gavril, un uomo con uno spiccato senso di giustizia, rimasto privo dei suoi affetti per essersi messo contro Lenin, e che avrà a cuore l’orologio da taschino rotto appartenuto a suo figlio morto. Il diario di Viktor e l’orologio di Gavril sono oggetti magici, ma solo perché qualcuno crede in essi, viceversa non avrebbero alcun potere.
Viktor viene venduto dal padre a Gavril come ricompensa per l’aiuto che quest’ultimo gli ha dato nel valicare i confini russi e salvare sé stesso e gli altri figli da un destino avverso, che li avrebbe certamente condotti alla morte. Ed è da questo momento che la storia di Viktor si intreccia a quella di Gavril. Le due solitudini di Viktor e Gravil si incontrano. Le esistenze dei due personaggi, contrassegnate dalla sofferenza e dalla delusione, si uniscono per dare luogo a un racconto dove l’amicizia vince sulla solitudine, dove la realtà socio-politica e la fantasia sono abilmente mescolate.
PERSONAGGI
In compagnia di Viktor e del suo diario
«Nel nostro Paese, specialmente adesso, non sempre le cose vanno come vogliamo. Semmai un giorno ti sentissi triste, invece di guardare solo fuori dalla finestra, potrai redigere la tua storia. Questo diario però accetta solo racconti belli, e se non scriverai niente di brutto, anche la realtà non sarà tale» disse.
Viktor, il piccolo Viktor, protagonista della prima storia, ha preso un posto nel mio cuore. La sua solitudine è divenuta anche la mia, tanto l’autrice con grazia e delicatezza è riuscita a farmi empatizzare con il suo personaggio. La storia di Viktor e del suo diario "magico" ha in sé il sapore del sogno, che si staglia in uno scenario gelido e cupo come quello della rivoluzione russa. Viktor è un bambino solo, vittima di un vuoto affettivo che lo divora. È riflessivo, studia e osserva.
Esenin scrive di un passato che non mi ha mai riguardato [...] Asserisce che l'infanzia sia un'età dorata, un'età di cui dobbiamo essere tutti nostalgici [...] Per me non lo è mai stata. Non ho mai conosciuto mia madre e sono sempre stato trattato freddamente da mio padre e dai miei fratelli [...]
Viktor subisce molte delusioni. La vita con lui è stata inclemente. Viktor impara a usare la fantasia per essere felice. Vuole credere nella magia contenuta nel diario regalategli dal fratello Ivan, il quale gli suggerisce di scrivere i suoi sogni in modo che essi possano realizzarsi. Il bambino sogna un giorno di diventare zar. Qualcosa però a un certo punto si rompe. Viktor, forzatamente separato dal fratello, si sentirà tradito e abbandonato proprio dalla persona che più amava. Smetterà di credere nella magia e conoscerà momenti di sfiducia. Poi, però, prevarrà in lui una forza interiore tale che gli permetterà di tornare a credere con maggiore vigore ai suoi sogni e non smetterà più di sperare. Scriverà nel suo diario ancora e ancora… Fino a quando il destino stravolgerà ancora una volta la sua vita e toccherà a Gravil impedire la degenerazione degli eventi, ricorrendo al suo misterioso orologio fermo alle 12.30, per mezzo del quale sarà possibile tornare alla pace.
In compagnia di Gravil
«Cosa significa che non ritorneranno?» chiesi, flebile. Il mio respiro si condensò nell’aria. «Tuo padre ti ha venduto a me. Sei uno dei tanti doni che mi ha lasciato per poter passare indenne il confine. Gli serviva una raccomandazione, siccome non è amico dei bolscevichi…»
Gravil, il protagonista della seconda storia, è un uomo misterioso, riservato, mosso da buoni sentimenti e granitico nei suoi ideali. L’aver egli comprato un bambino potrebbe, di primo acchito, indurre il lettore a considerarlo negativamente. In realtà l’azione di per sé è imperdonabile solo se non contestualizzata alla tragedia della rivoluzione russa, fatta di sangue e fame. Gravil salva Viktor, gli offre una vita migliore e con il denaro dato alla famiglia di Viktor permette a questa di sopravvivere. Viktor entra nella vita di Gravil, portando pian piano l’uomo a guarire dalla sua atrofia emotiva, succeduta alla disgrazia di essere rimasto solo. L’uomo, difatti, ha perso moglie e figli per essersi messo contro Lenin e il suo regime. Gravil è un uomo tutto d’un pezzo e non ha paura di prendere la via più difficile, di rischiare per la sua patria. Tuttavia è anche un uomo soverchiato dalla sofferenza e dalla rabbia. Quando scopre l’annientamento della sua famiglia, distrugge i suoi amati orologi. Solo un orologio rimarrà intatto: quello un tempo posseduto dal figlio e che riprenderà il suo ticchettio con l’arrivo di Viktor nella vita dell’uomo.
L’orologio da poco comprato al figlio era quasi distrutto nel suo palmo: il disegno della rosa
incrinato, la gabbia dorata mancante di pezzi, non si sentiva nessun ticchettio, era rotto in maniera irreparabile.
«Aprilo, coraggio» lo invitò Maksim con una voce fintamente squisita. Come se stesse cercando di invogliare un bambino demotivato.
[…].
Quando riuscì ad aprirlo, guardò il vetro completamente scheggiato, lì dove le lancette si erano fermate alle 12:30 esatte.
Il diario di Viktor e l’orologio di Gravil sono oggetti che hanno in sé la “magia” dell’amore dei rispettivi più cari affetti di Viktor e Gravil. Entrambi i protagonisti, in un certo modo, avranno il loro riscatto, in un finale in cui le lacrime saranno addolcite dal pensiero sul valore della vera amicizia, dei veri sentimenti che qualunque avversità non potrà mai distruggere. Un finale agro-dolce reso incisivo grazie all’arte narrativa dell’autrice.
Il salto indietro nel tempo, quando tutto sembra finire, è la chicca del romanzo.
Fammi tornare un’ora indietro
Gravil è turbato dalle lancette degli orologi. Non vuole sapere l’ora, detesta lo scorrere di un tempo che percepisce come nemico, un tempo crudele che non si è arrestato e che ha portato alla morte dei suoi cari. Il personaggio di Gravil vive una crescita interiore intensa, pari a quella di un personaggio di un romanzo di formazione. Tornerà a essere felice, se solo riuscirà a credere ai sogni. Il venditore di rose, Viktor stesso e il ricordo di suo figlio agiranno in lui come antidoto all’infelicità.
Anastasia Romanov
Tra i personaggi con cui interagisce Viktor è Anastasia Romanov, la cui presenza è una nota femminile in un romanzo per la gran parte di personaggi maschili. La sua storia è romanzata in modo fiabesco, rendendo delicate anche le parti più dure. Sarà Anastasia a spingere Viktor contro i bolscevichi. Viktor sarà coinvolto in un progetto segreto. Ormai è adulto. Il suo sogno diventa realtà, ma di nuovo rischia di infrangersi. Sarà compito di Gravil rimettere le cose a posto.
Rozovij
Tenerissimo è il personaggio di Rozovij, piccolo venditore di rose da lui stesso create con la carta: rosse per infondere tra la gente speranza nel pieno della guerra e bianche per contrastare il colore del sangue versato durante l’attacco a Palazzo d’Inverno. Le sue rose sono invernali, non importa se siano vere o finte, ciò che conta è il messaggio di speranza che trasmettono, sono quindi rose magiche perché donano felicità alle persone a cui sono offerte.
IL TEMA DELLA MAGIA
La magia presente nel romanzo non è intesa come formulario di incantesimi, ma come potere insito nell’uomo a creare situazione favorevoli, desiderandolo fortemente. La magia diviene capacità di sognare, occasione per dare al sogno utopico lo spazio di una progettualità reale, forza interiore di sperare e di lottare affinché si concretizzino i sogni. La magia è quella di oggetti normali che assumono però straordinarietà dinnanzi agli occhi di chi crede al loro potere magico. La magia degli oggetti diviene volontà dello spirito, impegno con sé stessi a mutare lo stato delle cose. La magia assume il significato di proiezione degli eventi psichici, volti a trasformare la volontà dell’individuo, strutturandola e rendendola adatta ai cambiamenti.
AMBIENTAZIONE
Il romanzo è un fantasy leggero dall’ambientazione storica robusta. È ambientato in un periodo storico tormentato: la Prima guerra mondiale, nella Russia di Lenin e dei Romanov, sullo sfondo della bellissima San Pietroburgo. Il passaggio della fine di un epoca e l’inizio di un’altra ancora più controversa non è pesantemente descrittivo e accompagna il racconto in modo essenziale. La morte è una presenza costante, un’ombra che incombe con tutta la sua oscurità nella San Pietroburgo gelata dalla candida neve macchiata di sangue. La storia reale e drammatica della rivoluzione russa è la cornice della storia fiabesca di Viktor e Gravil.
STILE DELL’AUTRICE
Un’opera dal linguaggio chiaro, pulito, senza un lessico criptico e deragliamenti fastidiosi dalla lingua italiana, nel rispetto di sintassi e grammatica. Nella crema delle opere di WORDS Edizioni certamente “Le campane di San Pietroburgo” lasciano il segno. Non ho riscontrato incongruenze neanche sotto il profilo della logica del racconto. Chi sa scrivere non ha bisogno di ricorrere ad artifici retorici e in sovrabbondanti aggettivi, avverbi e inutili barocchismi lessicali. Ho apprezzato molto lo stile di scrittura, tanto che sono riuscita ad arrivare alla fine con la sincera voglia di arrivarci e non con quella sensazione di “purga” che provo quando leggo un certo tipo di romanzo fantasy, che “Le campane di San Pietroburgo” non rappresentano. Questo romanzo, come già rilevato, è un Signor Romanzo con uno sfondo storico, la rivoluzione russa, che fa da cornice a una trama ben studiata e scorrevole. Il coinvolgimento e il piacere di leggere è stato pieno dall'inizio alla fine nonostante io non frequenti il genere fantasy e questo è un credito ancora maggiore. Un fantasy questo di J. Marchionne inquadrabile nel filone del realismo magico, senza la solita sequela di combattimenti, popoli in contrasto, missioni impossibili e lo zuppone di incantesimi, straordinarie imprese e via dicendo. Qui, ne “le campane di San Pietroburgo”, si viaggia nei sentimenti umani e nell’essenza delle dinamiche emotive che caratterizzano la buona narrativa non di genere.
Il mio commento doveva finire qui, ma sento il bisogno di aggiungere altre poche righe fondamentali: come è distensivo e piacevole leggere un testo ben scritto! L’autrice, è evidente che, oltre a scrivere, si è nutrita di buone letture e ha un ottimo background culturale. Il dovermi esprimere su alcuni romanzi mi ha creato non poco imbarazzo, mentre commentare Le Campane di san Pietroburgo è stato oltremodo gradevole.
“[...] prometto che noi finalmente ci rivedremo. Ogni dolore cesserà. Ogni pianto. Ogni sconforto. E allora noi saremo di nuovo insieme. Quando suoneranno le campane di San Pietroburgo.”