Recensione di Elisa Averna
TITOLO: L'Infeno è femmina
AUTORE: Arianna Petracin
EDITORE: Dak Abyss Edizioni
DATA DI PUBBLICAZIONE: 29 novembre 2021
SERIE: autoconclusivo
GENERE: Dark fantasy ironico con una sfumatura romance
PAGINE: 230
DESCRIZIONE/QUARTA DI COPERTINA
Becca sta per compiere diciannove anni, ha degli occhi eccezionalmente chiari e un carattere eccezionalmente forte. Alla vigilia della sua festa, le viene svelato un segreto che nemmeno lei sapeva di celare. Così inizia la sua nuova vita in un mondo che le è congeniale, perché la perfezione non è umana, ma divina. Oppure… “L’inferno è femmina” è un dark fantasy ironico, ambientato in un inferno colorato e barocco, estremo come la giovinezza. Tra demoni spietati e giocosi, angeli algidi e licantropi fedeli si dipana la vicenda di Becca, che di quel mondo è la quintessenza al femminile.
PREMESSA
Potevo mai perdermi un romanzo dove tra i personaggi sapevo che Lucifero avrebbe avuto il suo bel posto? No! D’altronde la figura di Lucifero mi ha sempre incuriosito. A scanso di equivoci, premetto che sono areligiosa, immune come altri umani da qualsiasi forma di indottrinamento mentale e che considero la Bibbia un bellissimo fantasy, il primo vero grande fantasy della storia, aperto a mille interpretazioni allegoriche e non certo a una univoca e grottesca interpretazione letterale. Credere quindi in Lucifero, in Matusalemme o in Paperino per me, sotto certi aspetti, non fa molta differenza.
Fin da ragazzina, non mi sono mai tornati i conti su ciò che sentivo narrare sul diavolo tentatore, a cominciare dalla scena al centro del peccato originale descritta nella Genesi con un alto tasso di misoginia. Mi riferisco alla cosiddetta “mela del peccato”, la mela colta e mangiata dall’albero della conoscenza a causa della tentazione indotta da Lucifero prima su Eva e poi su Adamo per mezzo di Eva. Lucifero, come dice il suo stesso nome, “portatore di luce” e quindi di conoscenza, ha portato al mondo la luce, la conoscenza. Perché identificarlo con il male? Ma perché? La conoscenza è forse un male? Il peccato di cui Adamo ed Eva si macchiano e per il quale sono cacciati dal Paradiso mi suscita la stessa tenerezza del peccato di Hybris (ὕβϱις), topos della tragedia greca, alla quale si aggiunge una maggiore perplessità. Eh sì, perché se Dio, da una parte ha creato l’uomo “a sua immagina e somiglianza”, dall’altra non ha voluto che l’uomo divenisse come lui: ha voluto anime subordinate, quindi ha punito Adamo ed Eva. Una storia controversa, già.
Lucifero il ribelle, guarda caso, in molti scritti apocrifi appare come “salvatore dell’umanità” tenuta nell’ignoranza. Siamo dunque sicuri che le cose stiano come la tradizione canonica ci tramanda? E se il racconto fosse diverso? Insomma e se il racconto fosse un altro? E se Lucifero fosse stato un angelo buono, se non eroico? Proviamo a immaginare un’altra “favola”. Lucifero, l’angelo più bello, puro e vicino a Dio, ha il coraggio di assumere sulle proprie spalle tutto il male del mondo, su richiesta di Dio stesso, perché nessun altro angelo è in grado di accettare un tale ingrato ruolo. Un angelo disposto a perdere tutto, saggezza, bellezza, luce, purezza e virtù per assecondare il volere di Dio. E dunque ecco profilarsi un racconto diverso sulla figura di Lucifero, che potrebbe recitare più o meno così: c’era una volta il Paradiso popolato da innumerevoli angeli, ognuno con il proprio ruolo. Un giorno Dio dice: “Un nuovo compito dovrà essere assunto da uno di voi: farsi carico di tutti i mali del mondo.” Nessun angelo si fa avanti. Alla fine Lucifero, sapendo che non avrebbe più avuto niente e che sarebbe stato solo maledetto e biasimato, si offre: “Padre, farò io ciò che chiedi. Perderò ogni cosa, la grazia, la bellezza e l’amore dell’uomo. Io sarò il tuo servo.” Lucifero rinuncia così alla massima beatitudine, e, da primo quale era, diviene l’ultimo, prendendosi addosso tutto il male del mondo, le cattiverie, gli insulti, le maledizioni e le colpe. L’angelo servitore e non ribelle è fatto sprofondare nelle viscere della terra per diventare il tentatore di tutti i mali, il gran corruttore dell’umanità. Per sempre? No! Fino a quando l’uomo vorrà cercare la fonte di ogni male all’esterno di sé e non in sé.
Ma la favola potrebbe essere un’altra e un’altra ancora e ancora un’altra e la figura di Lucifero comunque riabilitata da quella voluta dalla tradizione.
E ora veniamo al libro di cui vi voglio parlare.
RECENSIONE
VAI ALL’INFERNO! MAGARI GRAZIE!
I romanzi che Dark Abyss Edizioni pubblica sono tutti particolari, trattano temi scomodi in modo altrettanto scomodo. E così nel romanzo di Arianna Petracin ci troviamo catapultati all’Inferno. All’Inferno? Mamma mia, che paura! Ma no! È un Inferno dove la prima regola è divertirsi, grazie ai suoi abitanti bizzarri e vivaci, e la seconda è desiderare di esserne parte, in nome di un edonismo che appaga tutti i sensi, un Inferno dove l’invito “Va all’Inferno”, come rilevato dalla stessa autrice, diventa il migliore degli auguri da indirizzare a qualcuno. E come darle torto? Bellezza e allegria regnano sovrane, anche se schermaglie e dispetti tra i personaggi non mancano. Il suo inferno è spumeggiante, paradossale, lussurioso, lussuoso e, come dice la stessa Petracin, “ironico e barocco”. La bella Rebecca riesce persino a mettere in difficoltà ormonale gli angeli. 😯 Il racconto si muove tra gelosie, segreti di Pulcinella, battute e punzecchiate tra demoni, angeli, licantropi e streghe. Il lettore certamente si diverte a immaginare le fisionomie dei vari personaggi: chi vedrà bellezze da copertina patinata e chi (come me) interpreterà la loro perfezione similmente alle bellezze un po’ più grottesche e caricaturali proposte dalla grafica dei maestri degli anime (io ho immaginato Rebecca come una Betty Boop bionda e Lucifero come un Johnny Bravo in versione moraccione figaccione 😂). L’autrice mi perdonerà, ma non sono riuscita a prendere sul serio (dal punto di vista dell’immagine e non narrativo) un Lucifero che urla masticando pancetta croccante😜 e un Aidan arrapatissimo che parla di "servizietti"😂.
Arianna Petracin è indubbiamente dotata di grande fantasia e senso dell’ironia (quindi mi perdonerà se, nel leggere il suo capolavorino, mi sono chiusa in una bolla di follia interpretativa).
Non c’è scampo: iniziata la prima pagina, il lettore rimane intrappolato nel racconto. Una volta terminata la lettura, è impossibile non provare quella sensazione di “lutto” dovuta all’addio ai personaggi.
TEMI
L’Inferno è femmina è un arazzo dai colori sgargianti che tiene unite scene dai temi più disparati. Il lettore non si annoia mai tra rivelazioni, misteri, passioni umane, legami familiari e di amicizia, rapporti d’amore e amori non corrisposti (povero Nash il licantropo!), battutine affilate, liti, siparietti, scaramucce, intrighi, angeli sbefeggiati, battaglie fino all’ultimo sangue, prove di resistenza alla luce degli angeli, punizioni crudeli. Sempre nel segno della leggerezza, quello di Arianna Petracin rimane un inferno caratterizzato dai vizi, in particolare gola e lussuria, ma ben lontano dall’Inferno dell’immaginario collettivo condizionato dalla tradizione canonica.
PERSONAGGI
I personaggi sono tutti ben caratterizzati, a cominciare dalla protagonista Rebecca, una ragazza arrogantella, spocchiosetta e che sa fin troppo bene il fatto suo. In realtà, la sua spavalderia cela le sue insicurezze e la sua vulnerabilità emotiva. Rebecca è disinibita ma anche affettuosa, capricciosa ma carismatica, un vero uragano pronto a travolegere chiunque si trovi sul suo cammino. Travolge davvero tutti grazie al suo carattere allegro e alla sua dirompente bellezza.
La ragazza conduce una vita normale da umana, finché la sua vita non è sconvolta da una rivelazione inaspettata sulle sue reali origini. E così la diciannovenne si trova catapultata in una realtà altra, una realtà che però non la turba affatto: non un tentennamento, se non una lieve perplessità iniziale. Rebecca non prova scossoni emotivi per il cambiamento di vita. Si adegua e accetta quasi divertita il suo nuovo status di… Insomma, nella sua nuova vita, aderente al suo essere, la ragazza è completamente a proprio agio, fino a sovvertire le regole dell’Inferno da brava femminista. Quindi no, il suo personaggio non conosce alcuna progressione psicologica nel processo di accettazione, né un particolare vuoto emotivo per il distacco dalla famiglia che l’ha cresciuta, né quella normale evoluzione interiore che si dovrebbe avere dinnanzi a un radicale cambiamento di vita. Rebecca rimane fedele a se stessa in ogni circostanza e fino alla fine. Una lacuna sulla caratterizzazione del personaggio? Certamente sì in un altro contesto, ma qui siamo nel regno “del tutto è possibile” e quindi possiamo anche accettare Rebecca con le sue lacune emotive e con la sua spiazzante abilità nell’usare i suoi poteri come se li avesse sempre usati e tante altre piccole cose che, diversamente, non avrebbero fatto tornare i conti al lettore. Rebecca rimane così viziata e coccolata nella Terra come nel Regno di Lucifero. Per fortuna, però, non tutti gli abitanti degli Inferi e del Paradiso sono entusiasti del suo ritorno e ciò porta un po’ di realistico trambusto. Bella all’inverosimile, Rebecca seduce chiunque incroci i suoi occhi di ghiaccio, identificativi della sua stirpe. La sua aura seducente e il suo profumo di vaniglia attirano irresistibilmente. Mette in difficoltà persino l’arcangelo Micheal, fratello di Lucifero. Aiuto! A quale dei sui innumerevoli pretendenti si concederà la giovane fanciulla? Il suo orgoglio avrà la meglio sui suoi sentimenti?
Aidan, figlio di Lucifero, è un ormone ambulante, sexy e con addominali ben definiti. Dotato di una buona dose di arroganza, non guarda in faccia a nessuno pur di ottenere ciò che vuole. Orgoglioso e apparentemente distaccato, è tuttavia pronto a mettere in gioco sé stesso per amore.
Non posso crederci, è qui che dorme tra le mie braccia.
Mi ama, mi ama quanto io amo lei.
Ho sprecato mesi e solo per orgoglio e paura.
Sono il principe degli Inferi, non dovrei temere nulla.
Ma quando si tratta di Becca, tutto il mio mondo viene capovolto.
Lucifero, il Signore del Male, nulla può di fronte alla dolcezza di Rebecca. Con lei è il cosiddetto “povero diavolo”. Le perdona tutto. Chi oserà ribellarsi al Signore del Male avrà la meglio? Ai posteri, in questo caso , al sequel, “l’ardua sentenza”.
Luke e Ben, i fratelli di Becca, stravedono per lei e sono disposti a tutto pur di renderla felice e assecondarne i desideri. La viziano ma la temono allo stesso tempo.
Belial, il padre di Rebecca, demone potente e temibile, con la figlia si scioglie in un brodo di giuggiole.
STILE NARRATIVO
Di questo romanzo ho amato, oltre la trama fresca e spassosissima, lo stile narrativo lineare, scorrevole e soprattutto pulito, senza fronzoli e dispersioni narrative. L’autrice, capace di andare all’essenziale, non ha infarcito il racconto di fastidiose divagazioni, inforigurgiti e descrizioni prolisse, che distraggono il lettore dal focus del racconto. Eh già, il suo è uno stile maturo, nella sua semplicità. Non è il libro dove potete trovare arzigogoli lessicali e inutili infiorettature, partorite dall’autocompiacimento stilistico dell’autore. Il racconto è fluido, senza intoppi di nessun tipo. Ho gradito anche le citazioni di grandi autori all’inizio di ogni capitolo, a tema con lo svolgimento della trama. Il cambio dell’io narrante (ogni personaggi offre la sua visione dei fatti, una tecnica narrativa che amo molto) lo rende un romanzo corale.
TARGET
Dando ragione al Pascoli, e che quindi in ognuno di noi vive un eterno fanciullino, consiglio questo romanzo anche a un pubblico post-adolescenziale, quindi a chiunque voglia leggere un romanzo diverso dal solito, divertente e spensierato, purchè questo "chiunque" sia libero da certo bigottismo e purché non si aspetti una sottotrama teologica o filosofica. Si tratta, difatti, di una lettura d’evasione, leggera e che sottende un bel messaggio: assecondare la nostra natura non tradendo mai noi stessi e questo a prescindere dai natali e dal contesto in cui viviamo.
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