Cari amici lettori, autori, editori e curiosi,
sono lieta di annunciarvi che, con la nuova rubrica “Intervista al recensore”, avremo modo di conoscere più da vicino sia la figura professionale del critico letterario su carta stampata, sia quella del blogger recensore di libri per passione. Di prassi, a dare spazio agli autori sono i recensori nei loro blog e i critici nelle testate per le quali collaborano, ma con questa rubrica ho voluto invertire le parti e offrire uno spazio a loro che si occupano di autori esordienti o emergenti e di scrittori più o meno noti.
Mentre la figura del recensore online è fondamentale soprattutto per far conoscere ai lettori più giovani gli autori esordienti ed emergenti che pubblicano con la piccolo-media editoria, i critici delle testate cartacee sono, nella maggior parte dei casi, più propensi a recensire scrittori della big editoria. Altra differenza tra i blogger recensori, almeno questa è la tendenza prevalente, è recensire i libri solo in senso positivo, contrariamente ai critici letterari più liberi nel commentare anche le opere degli scrittori già noti e vincitori di premi letterari. In ogni caso, entrambe le figure si prendono cura di leggere un’opera per sviscerarne tutti gli aspetti che a taluni lettori possono sfuggire. Il loro è un lavoro che richiede ottime capacità analiche, obiettività e onestà intellettuale, conoscenza della lingua italiana e pazienza. Spesso, infatti, hanno a che fare con autori che non accettano consigli e critiche costruttive o con la spocchia degli “intoccabili”. Gli autori che affidano le loro opere a un recensore dovrebbero tenersi pronti a non ricevere solo encomi, ma anche osservazioni non pienamente positive. Un recensore coscienzioso, d’altronde, è un critico che non mente.
Vi prego di prestare particolare attenzione alla risposta che il critico e scrittore Franchi dà nell’intervista sulla cosiddetta “editoria” a pagamento. Su questo tema è da oggi disponibile in rete una petizione a favore dell’editoria per chiedere un contrassegno sulle copertine dei libri pubblicati dall'editoria a pagamento. È importante che i lettori e i recensori sappiano distinguere se un libro proviene dall’editoria o dalla pseudo editoria (meglio qualificabile come “tipografia con servizi aggiuntivi”). Nello stesso tempo invito i bloggers recensori di libri a informarsi sulla provenienza dei libri che si trovano a recensire. Dare spazio all'editoria a pagamento nuoce al mercato della vera editoria. In calce all’intervista, troverete il link della petizione che vi pregherei di firmare e condividere.
E ora lascio la parola al dottor Franchi, che ci parlerà della sua attività di critico. Franchi ha esordito nel 2006 con la raccolta di racconti "Disorder". Nel 2009 ha pubblicato “Monteverde ”, una raccolta di racconti per i tipi di Castelvecchi e ha proseguito la sua carriera scrittoria occupandosi di critica letteraria. Al suo attivo ha oltre 1500 recensioni, saggi brevi e interviste e numerose collaborazioni con testate giornalistiche, come il Secolo d’Italia.
INTERVISTA
- Buongiorno dottor Franchi, vuole parlare ai più giovani della sua attività di scrittore e di critico letterario?
Difficile sintetizzare venticinque anni di attività in poche battute: vediamo se riesco. Nasco scrivendo versi, appena adolescente; a un certo punto sprofondo davvero, e pericolosamente, nella poesia; quando, poco più che maggiorenne, inizio a sperimentare la narrativa, forse scosso da un primitivo istinto di sopravvivenza o da una diversa ricerca di comprensione, mi accorgo che per la ripetuta frequentazione della poesia mi è rimasto il fiato corto e una prepotente tendenza alla misura breve (solo invecchiando apprezzerò questo tratto distintivo, che per diverso tempo giudicavo un grosso limite). Nel frattempo, dopo aver letto e interiorizzato diversi scritti laterali di Landolfi, Borges, Manganelli e Pasolini, a un tratto mi decido a scrivere di letteratura “prestandomi alla critica”. A quel punto sto per laurearmi, ho ventidue o ventitré anni e mi sembra di poter combinare tutta una serie di cose. Adesso ne ho quarantatré e sono estremamente spietato verso me stesso, perciò giudichino altri quel poco che ho dato, come poeta, come critico e come narratore. In ogni caso io non sono soddisfatto (di tante cose).
- Le sue attitudini di critico e di scrittore nel tempo sono andate sempre di pari passo? La sua vocazione alla critica letteraria nasce dalla lettura curiosa e onnivora o selettiva?
Credo di essere diventato un anfibio dopo aver letto libri come "Gogol' a Roma" di Landolfi, “Storia dell'Eternità" di Borges, "Letteratura come menzogna" di Manganelli e probabilmente "Scritti corsari" di Pasolini. Parliamo di letture di venti, ventidue anni fa. A quell'epoca ero estremamente famelico e aperto, non onnivoro (mai stato onnivoro). Poi ho fatto tutta una serie di esperimenti di scrittura, complici i primordi di internet letterario, cercando una forma e un passo che fossero riconoscibili e più ancora fossero calibrati e sensati.
- Quando scrive, riesce a sentirsi libero o subisce la presenza più o meno ingombrante del critico che è in lei?
Come poeta, credo di essere morto da almeno 14 anni, dal 2007. Non ho mai passato i trent'anni. Come narratore, sono terribilmente condizionato da tutto quel che ho letto, sperimentato, meditato, studiato. Probabilmente in entrambi i casi dipende da quanto ho letto e interiorizzato e da cosa ho capito, in generale. Invecchiando sono diventato estremamente autocritico e ho disciplinato e limitato la mia attività artistica perché non ero per niente soddisfatto (la coscienza non è stata l'unico fattore determinante; è stata limitante, sì).
- Che cosa cerca negli autori di narrativa? Che cosa la attira primariamente di un libro?
La risposta che posso dare, da diversi anni a questa parte, è questa: cerco territorio, cerco storie dei popoli e antagonismi o almeno complessità etniche, e poi... in generale cerco biografie. Ovviamente cerco stile, misura e intelligenza. Cerco ciò che può rimanere, rifiuto ciò che passa.
- Come sceglie i libri da leggere di là dalla sua professione di critico?
Non sono un critico “di professione”, in questi ultimi 4-5 anni non ho più lavorato per quotidiani o periodici cartacei (“superstiti”...) e in ogni caso non ho mai avuto una cattedra universitaria. Ho mantenuto diverse collaborazioni con riviste letterarie e ognuna di esse è stata disciplinata da logiche differenti. Quando si trattava di riviste “provinciali o regionali”, tendevo a trattare artisti o argomenti legati soprattutto al territorio (“territorio” nell'accezione più estesa del termine). Quando si trattava di riviste “nazionali” o più raramente “internazionali”, tendevo a ragionare sulla base dell'estetica della rivista e cercavo di conciliare le mie scelte e la mia sensibilità con la poetica e la tradizione della rivista. Probabilmente lei vuole sapere se mi concedo “vizi” o “eccezioni” rispetto a quel che cerco; allora sì, da tanti anni sono diventato un buon lettore di storia, soprattutto etrusca, romana, bizantina, veneziana. È rarissimo che scriva di quei libri. E poi... sono un vecchio fumettaro.
- Come sceglie i libri da recensire? Recensisce solo libri da lei scelti o anche quelli che le sono segnalati?
Tendenzialmente scelgo io e decido io (tenendo presente ciò che le spiegavo poco fa: la rivista, il pubblico di quella rivista, l'estetica di quella rivista, etc; d'altra parte, come probabilmente saprà, ormai da tempo si collabora soprattutto per passione o per dedizione alle patrie lettere, stop: siamo come monaci). Le segnalazioni sono un marasma quotidiano ingovernabile e non riesco ad arginarle da almeno 18 anni, da quando avevo fondato la rivista letteraria “Lankelot” (2003). Poi: ben diverso il discorso quando c'è una rivista o un direttore “committente”: parliamo, per capirci, dei (quasi fu) quotidiani o dei (ormai direi “fu”) settimanali/mensili cartacei, o delle radio (vive ma sempre più estranee alla letteratura). In quel caso, se sono sotto contratto o se c'è un accordo economico “al pezzo” con una testata, non ho troppo margine per discutere l'argomento che mi viene imposto. Ovviamente in quei casi... sono disciplinato ma non sono governato; vale a dire che nessuno può dirmi “come trattare” un argomento. Ingaggiarmi è logicamente un rischio, da questo punto di vista. Mi danno un tetto battute, norme redazionali e una data per la consegna del pezzo, punto.
- Quanto è sensibile alla richiesta degli autori di recensire un proprio libro?
Quando ero giovanissimo ovviamente ci cascavo, soprattutto perché mi identificavo nelle loro sofferenze e nelle loro frustrazioni. L'esperienza mi ha facilmente insegnato che è sbagliato e pericoloso quando sono gli autori a venirti a cercare, non porta niente di buono. Vale sia per gli esordienti che per gli autori più conosciuti, non ci sono differenze. Il ruolo dell'ufficio stampa è – quando ben fatto – quello di un mediatore saggio, sensibile, competente e civile. Altrettanto degno è il ruolo degli altri segnalatori (i librai, gli amici, i conoscenti “del giro”, etc). La distanza con gli artisti, soprattutto con chi smania per farsi leggere, è una norma igienica. Magari ci si conosce “dopo”...a volte nascono collaborazioni, simpatie, corrispondenze o addirittura amicizie (raro ma vero). “Prima”... è veramente poco opportuno e poco sensato.
- Quando è deluso da un autore da lei stimato, preferisce ignorare l’opera o liberamente stroncarla per riportare l’autore su quella che secondo lei dovrebbe essere “la retta via”?
Dipende. Dipende da troppi fattori. È dipeso dai periodi della mia vita; dalla considerazione che avevo dell'artista; dai rapporti umani che magari nel tempo si erano costruiti; da quali erano le ragioni della stroncatura; dall'editore (ovviamente preferisco essere più duro con editori molto strutturati piuttosto che coi piccoli editori di qualità). Dipende. Per carattere sono portato alla franchezza. La franchezza non può diventare prepotenza o cattiveria o insensibilità. Ho scritto per distruggere, non ho mai scritto per annichilire. Ho un (greco)romano culto per le rovine.
- Che genere di libro non leggerebbe mai?
Ho sempre detestato i gialli. I thriller mi sembravano mediamente molto stupidi, poi a un certo punto ho smesso proprio di aprirli. I romanzi storici hanno smesso di emozionarmi attorno ai tredici anni. I diari... “solo d'autore” e cum grano salis.
- Quali criteri di valutazione applica nel recensire un libro di narrativa?
Originalità, personalità, reminiscenze, equilibrio, civiltà, potenza espressiva: ci sono varii aspetti che tengo presente (poi ci sono altre questioni linguistiche e lessicali in genere; troppo complesso elencare tutto quel che tengo presente mentre leggo un libro).
- Che cosa vorrebbe trovare in un’opera perché sia proposta tra le vincitrici di un premio letterario?
La risposta, ovviamente, è “dipende dal premio”. In questi anni, sono stato ingaggiato da almeno quattro premi differenti, tre letterari e uno musicale, e ovviamente ognuno aveva una tradizione, un'estetica e preferenze differenti. Quando lavoro per il “Campiello Giovani” ho in mente determinati parametri, quando lavoro per il premio “Città di Palestrina” dedicato alla letteratura di viaggio adotto altri parametri ancora, quando lavoro per un premio “alternativo” altri ancora. Vero è che in generale io amo gli outsider, gli irregolari, i rimossi e i laterali. “Gli sbagliati”.
- Che cosa pensa della cosiddetta “editoria” a pagamento?
Credo sia “carne morta” e credo che il governo dovrebbe bandirla per legge, obbligando tutti gli editori a pagamento e gli stampatori, in genere, ad applicare un enorme adesivo sulle copertine di tutti i libri finanziati dagli autori. Credo sia un fenomeno stupido, pericoloso e sleale. Credo anche che abbia avuto un ruolo decisivo nell'umiliazione della poesia sino allo sfacelo e al nonsense odierno (la narrativa rischia un epilogo analogo).
- Le è mai capitato di recensire autori esordienti o emergenti?
Capitava spesso. Capiterà ancora. Ho sempre avuto un debole per gli esordi. Una delle ragioni è che ho capito che siamo circondati, almeno qui in Italia, da “autori di un libro soltanto”. A volte perché sono autori ripetitivi, vale a dire che riscrivono tutta la vita quello stesso lavoro, con poche variazioni; altre volte perché davvero si bloccano al secondo (per tante ragioni) e proprio al limite al terzo o al quarto vanno kaputt (e in quei casi, regolarmente, il primo libro era il migliore).
- Quali generi preferisce?
Probabilmente le biografie. Sono fondamentali ma complicatissime.
- Se fosse costretto a scegliere tra un libro con un’idea originale ma con una scrittura non particolarmente intrigante e un libro con un tema banale ma scritto in modo eccelso, che cosa sceglierebbe?
Dipende da cosa devo farne e dipende “che ruolo ho”. Se ragiono da consulente editoriale o da scout, prendo l'idea originale e vedo di farne qualcosa di bello, nonostante i limiti originari. Se ragiono da critico letterario, preferisco sempre la scrittura... e pazienza per l'argomento divertente. Se ragiono da lettore, adesso ti direi che piuttosto compro una magnifica Skira illustrata, usata, per mercatini e bancarelle.
- Per inquadrare un libro prima di farne una lettura completa le capita mai, “di nascosto da se stesso”, di dare una sbirciatina a una pagina a caso o di leggerne l’incipit e addirittura la fine?
“Mezze pagine” sì, incipit... a volte. Epilogo, mai.
- Le è mai capitato di trovare in un’opera per lei scadente qualcosa di comunque interessante?
Normalmente in quei casi prendo nota degli altri editori che hanno pubblicato libri dell'artista scadente e associo loro quel nome (e vado a indebolirli nei miei schemi e nei miei robustissimi e salvifici pregiudizi).
- Le è mai successo di interrompere un libro perché proprio non ha trovato nessun motivo per terminarlo o di annoiarsi mortalmente in una lettura e riporre il libro facendo pensieri inesprimibili?
Una delle prime volte è capitato con “L'isola del giorno prima” di Umberto Eco, uno dei più brutti e pretenziosi libri di letteratura italiana degli ultimi duecento anni. Adesso capita più raramente perché sono diventato estremamente selettivo e quindi “sbaglio di rado” i miei acquisti.
- Può capitare di leggere uno stesso romanzo per il piacere di rivivere le emozioni della prima volta che lo ha letto? O di emozionarsi nella lettura fino a commuoversi?
Le emozioni della prima lettura sono folgoranti e non si ripetono più. Diventa invece interessante valutare la differenza tra ciò che si era e ciò che si è diventati. Io poi mi diverto molto a notare cosa avevo sottolineato o cosa avevo commentato (a volte ritrovo interi frammenti di articoli).
- Le è mai successo di aver valutato un libro negativamente e poi di tornare sui suoi passi oppure il contrario?
Ogni giudizio e ogni valutazione sono figlie mie, figlie dell'epoca, figlie della società (già...), infine figlie di tutto ciò che mi ha costituito e formato fino al momento della lettura. Per questo sto molto attento a datare tutti i miei pezzi. Probabilmente nessun giudizio negativo diventerà mai positivo; l'opposto, invece, potrà e può capitare (ad esempio quando mi accorgo che quel libro era “derivativo” rispetto a un altro lavoro, magari dimenticato e comunque precedente, che all'epoca non avevo ancora potuto intercettare, perché fuori catalogo o fuori dal dibattito o fuori dai sentieri tracciati dai maestri, etc).
- Che cos’è che proprio non sopporta, stilisticamente parlando, di un autore?
La brutalità e la violenza artefatta e gratuita (alla Ellis di “American Psycho”, per capirci, era rivoltante) o peggio la coprolalia.
- Quanto tempo impiega per leggere un libro che la appassiona? Che cosa la coinvolge di più di una trama?
Dipende. Dipende da tutta una serie di fattori prevedibili (e logici e anzi ovvi) e da altri imprevedibili (irrazionali o casuali).
- Si dice spesso che un libro non si giudica dalla copertina, ma secondo la sua esperienza, quanta importanza ha realmente la copertina di un libro? E quanta importanza ha una quarta di copertina? Si è mai sentito tradito da una copertina o da una quarta di copertina?
Ho lavorato nell'editoria per diversi anni e uno dei miei migliori amici è stato un art director di chiara fama; ho studiato (per anni e meticolosamente) il suo lavoro, comparandolo con quello di diversi suoi colleghi, e ho capito che differenza c'è tra una copertina e un'altra e quanto fondamentale sia che un editore sia riconoscibile “collana per collana” (attenzione: non ho detto “libro per libro” ma “collana per collana”). Quanto alle quarte di copertina o alle bandelle o ai paratesti, in genere... negli anni è capitato che li abbia scritti o pensati, magari ero stato ingaggiato per farlo; quindi so quanto pesano (devo dire che il mestiere che mi ero fatto lavorando due o tre anni nella pubblicità è tornato comodo, in certi casi). Infine, ovviamente, sì, bandelle, paratesti e copertine possono tradire (ma tradiscono soprattutto i neofiti, i lettori della domenica e i sentimentali, in genere).
- Quanto il titolo di un’opera sollecita la sua curiosità?
Sino a spingermi ad aprirlo e a esaminare le bandelle.
- Si dice che non bisogna mai confondere l’autore con la sua opera, si è mai cimentato nel leggere un’opera di un autore per cui non nutre particolare simpatia?
Disprezzo Massimiliano Parente per tante cose che ha detto e scritto e tuttavia ho letto diversi suoi libri. Non ho cambiato giudizio. Apprezzo la sua intelligenza ma sono estraneo o meglio ostile alla sua umanità.
- Preferisce leggere libri in formato cartaceo o e-book?
Non leggo ebook, li giudico espressione di una tecnologia inferiore, differente e adatta soltanto (o al limite) alla letteratura di consumo. Leggo “su schermo” soltanto articoli o saggi brevi. Soffro già i cosiddetti “long form”.
- Qual è la sua più grande soddisfazione nell’attività che svolge come critico?
Scoprire talenti misconosciuti, restituire dignità e luce ai fantasmi o agli appartati, allineare intelligenze distanti; coinvolgere decine o centinaia di persone in queste operazioni di lettura o rilettura e scandaglio e poi poterne ascoltare e condividere i giudizi e i pareri. Infine, una delle massime soddisfazioni è la lettura della mail dell'autore criticato; quando succede, tendenzialmente è perché si è sentito profondamente capito ed è turbato o scosso o stupefatto (o meglio, restituito alla speranza).
- Secondo lei, in generale quanto può influire nella scelta di un libro la lettura delle recensioni che lo riguardano?
Estremamente... tuttavia, abitiamo in una nazione di cittadini appena alfabetizzati, quando alfabetizzati; figurarsi pretendere che siano alfabetizzati all'editoria o alle differenze esistenti tra quotidiani, riviste letterarie, riviste cartacee e digitali o ancora alle differenze tra università e istituti, o tra “scuole di critica”. Buonanotte... direi quindi che la critica letteraria e il giornalismo culturale possono giocare un ruolo su una minoranza assoluta di intelligenze, per lo più si tratta di addetti ai lavori o giù di lì.
- Che consiglio darebbe a chi volesse aprire un blog di recensioni di libri o dedicarsi alla critica letteraria per professione?
Non è più una professione, perché i quotidiani sono scomparsi o si stanno inabissando e così i periodici “paganti al pezzo”. È al limite una “professione” per gli accademici (per chi deve giustificare i suoi stipendi con una serie di pubblicazioni, in genere: spero di essere stato chiaro). In compenso, si può essere “critici militanti”, e questo è altro e diverso discorso. Siamo dalle parti degli sbagli fatti in nome della fede o giù di lì, lira poca o nulla, pettegolezzi tutt'altro che episodici, utilità zero virgola, etc. Siate fedeli ai vostri ideali e pazienza se si sprofonda nella povertà, nell'inutilità o nell'autoreferenzialità. È l'epoca...
- Molti critici letterari sono anche autori, come nel suo caso; lei personalmente in quale dei due ruoli si sente più a suo agio?
Una volta ho scritto “non voglio un genere, io sono un genere”. Ero giovane e incosciente. Non pubblico un libro di narrativa da 12 anni (esatti).
- Quali progetti ha per i prossimi anni?
Non ho mai creduto nel futuro, il futuro è creta per i fumettari, per certi scrittori di fantascienza o... o peggio, è un'invenzione della pubblicità. Io credo solo nel presente e vivo solo nel presente (con viva sensibilità nei confronti di tutto ciò che è stato, e ammirazione o venerazione per certe civiltà e disprezzo o indifferenza per altre). Non ho più progetti, da parecchio tempo, forse non voglio più averne (“domani non esiste”). Ho pensieri, a volte profondi, disorientanti e inquieti, altre volte maschi e stupidi, binari. Abito un labirinto e sono il...
- A suo avviso perché siamo più un paese di scrittori e di pseudo-scrittori che non di lettori? Di chi è la responsabilità se si legge così poco?
La risposta dovrebbe richiedere un libro intero. Tento una sintesi disperata: la nostra nazione si sta faticosamente liberando dall'originario, abnorme analfabetismo; il discreto livello odierno di istruzione di base è comunque lontanissimo da poter alimentare un'autentica civiltà letteraria; in questo contesto, mediamente davvero poco apprezzabile, la vanità e l'arroganza sono sorelle della prepotenza, e così i manoscrittori sono spesso mostri di prepotenza e di negligenza (di tutto: dell'alterità in genere, cioè dell'editoria, dell'interlocutore, etc); nel frattempo, per oscure ragioni lo Stato non legifera sul nostro “far west” editoriale e così ecco che stamperie ed editori truffaldini possono accedere alle fiere o ai negozi virtuali o addirittura a certe testate come se fossero imprenditori veri, come se fossero editori veri. Il libro diventa lentamente un oggetto come un altro – poco più che una maglietta o una saponetta colorata – e spesso viene volantinato gratis o venduto usato a tre euro, per disperazione (per la sovrapproduzione irrichiesta e insensata, per la difficoltà di orientarsi nel marasma delirante delle nuove uscite, etc). Il quadro è disastroso e le responsabilità sono, nell'ordine: governative; industriali; sociali, in genere; individuali.
- Vuole dare qualche consiglio a chi aspira a scrivere per professione?
Studia. Studia disperatamente, studia e sperimenta, studia e sperimenta, osserva e sperimenta. Medita. Decidi cosa sia un limite e datti dei limiti. Violali tutti o almeno tenta. Poi, venera i limiti superstiti e rimani loro fedele, fino alla morte. En passant, ricorda che la scrittura è un mestiere per automi o per artigiani e richiede una duttilità e una polivalenza quasi grottesca. Gli artisti italiani non campano di diritti d'autore. No. Hai capito cosa ho detto? No. Allora fai dodici interviste a dodici scrittori italiani che consideri famosi e che sospetti campino di diritti d'autore.
- Che cosa vuole dire ai lettori? Ha qualche consiglio da dar loro su come scegliere i libri?
Fiutateli. I libri vanno fiutati. Fiutati in libreria, fiutati nei mercatini, nelle bancarelle. E giudicateli, e giudicateli dalla copertina, per favore. Dalla copertina e dalle bandelle, dal nome dell'editore e dalla collana, al limite dall'incipit. Basta poco e poi si possono chiudere. Tutti, o quasi. Quasi tutti. Quasi tutti eccetto...
Se vi sembra tutto troppo faticoso o troppo lezioso, cercate un oracolo
Gianicolo, 13 aprile 2021
Monteverde di Gianfranco Franchi, Castelvecchi 2009
L'arte del piano B di Gianfranco Franchi, Prato 2011
Radiohead di Gianfranco Franchi, Arcana 2009
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