Autrice: Lisa Bilotti
Editore: Dark Abyss Edizioni
Genere: fantasy
Ambientazione: preistoria
Pagine: 279
Formato: disponibile in entrambi i formati, cartaceo e digitale
DESCRIZIONE/QUARTA DI COPERTINA
L’alba del mondo è appena sorta e uomini e Dei calpestano la stessa terra. Il Popolo sopravvive al buio e alla luce, che si alternano in lunghi periodi. Mord è il prescelto, la Guida alla quale gli Dei hanno donato il Marchio. Ma la sua autorità è messa in discussione quando viene alla luce un segreto taciuto troppo a lungo. Mentre il Popolo è diviso, la guerra incombe. Il Popolo non è solo. Il pericolo arriva dal mare, con navi imponenti e armi di ferro; uccidono, saccheggiano e razziano. La Veggente, colei che è in contatto con gli Dei, viene strappata dal villaggio. Così gli uomini si uniscono di nuovo e gli Dei rivendicano la loro potenza. Guerra, sangue, prodigi, ammonimenti. Il Popolo brama la rivalsa, cerca il castigo dell’invasore. Senza pietà, scoppia la battaglia fra il cielo e la terra.
ANTEFATTO
PRIMA DELL'USCITA DE "IL SANGUE DELLA VEGGENTE"
Mia intervista per il blog di Maria Cristina Buoso. Correva l'anno 2020.
DOPO AVER LETTO "IL SANGUE DELLA VEGGENTE". PRIMO COMMENTO "DI PANCIA" IN DIRECT CON L'AUTRICE:
TRAMA
Ci troviamo agli albori della civiltà umana, prima della scrittura, in una terra fredda e selvaggia (forse identificabile nella tundra della Siberia centrale). Due popoli, molto differenti tra loro per usi, costumi e conoscenze tecnologiche, sono in contrasto. I Rosniani (d’ispirazione vichinga) sono gli invasori e il Popolo (d’ispirazione Inuit) sono gli invasi. I Rosniani provengono dal mare, sono più evoluti del Popolo, lavorano il metallo, hanno armi di ferro resistenti e sono guidati da un unico Dio (Mekar). Il Popolo è una tribù nomade, capeggiata da un re o una regina (prima Mathia e poi Mord) e organizzata con gerarchie e ruoli precisi: i Saggi (o Consiglio degli Anziani) e la gente comune, divisa in cacciatori, raccoglitori e guerrieri. Il Popolo vive negli igloo, ha armi di legno e un pantheon molto ricco (Divinità dalle fattezze metà umane e metà animali: i Rathi sono i signori delle ombre e i Nyasthi, i signori della luce). Prima dell’invasione subita, Il Popolo ignora l’esistenza di altri popoli con culture e tradizioni diverse dalle proprie. Tra il Popolo c’è chi teme e riverisce gli Dei (Huna, la veggente cieca, scelta dagli Dei Rathi e Nyasthi per essere la loro portavoce sulla terra) e chi dubita della loro esistenza, nonostante sia portatore del loro marchio, ossia il colore bianco dei capelli (Mord, l'albino, scelto come capo del Popolo fin da bambino). Il Popolo, sebbene viva nell’incertezza e non si fidi completamente del proprio nuovo re, deve rimanere coeso per sopravvivere in un mondo ostile. I due popoli combatteranno per la lotta del territorio e per detenere il potere, si incontreranno e si scontreranno, verranno a confronto fino allo scontro finale, scontro che avrà risvolti imprevedibili e che vedrà la scesa in campo degli stessi Dei. Magia, superstizioni, visioni, profezie influenzeranno l’agire umano in una guerra che si rivelerà sanguinaria, senza sconti.
AMBIENTAZIONE
Il world building connette alla perfezione tutti i passaggi della storia, è coerente con la trama ed è decisamente originale: la tundra gelata e inospitale dei primordi della civiltà. “Il sangue della veggente” è il primo romanzo fantasy in Italia con ambientazione preistorica. Questa particolare ambientazione, in cui nomadismo, caccia e raccolta sono elementi essenziali per la sopravvivenza, è descritta dall’autrice in modo efficace, senza nulla togliere all’immaginazione del lettore. Quest’ultimo è immerso in un racconto che diviene anche un’esperienza sensoriale tra i suoni della natura e le voci e le grida umane, i colori del cielo, del mare, del fango impastato alla neve, il freddo del ghiaccio e il calore del fuoco sulla spiaggia. L’ambiente è ostile: la tundra non agevola le attività umane, il fiume, quando si carica delle acque provenienti dai ghiacciai disciolti, esonda, il mare porta nemici da temere.
«Quando l’inverno finirà, sarà sempre troppo tardi!» Non era il freddo ciò di cui si lamentava, né l’umidità, bensì la mancanza di luce. Quella penombra eterna, identica a sé stessa tanto di giorno quanto di notte, rendeva molto difficile lavorare.
PERSONAGGI
I personaggi sono tanti, complessi, mai totalmente buoni o cattivi, ricchi di sfaccettature, ben caratterizzati e delineati con precisione nel loro ruolo. Tra protagonisti, secondari e terziari (Mord, Huna, Gwladia, Harve, Jadoc, Islwor, Mathya, Yann, Ida, Mera, Dethya, Dafi, Mayv, Donn, Aedan, Edanya, Brytha, Tygge, re Tyan, Nora, Egan, Felim, Ivarn,Korb, Ethon, Lehna, Lachlarn ecc.) e divinità (il Dio Mekar dei Rosniani, gli Dei del pantheon del Popolo: la dea Attheya, Bathatsu il Dio Coyote, Rhedigas il Dio Corvo, Attheya, la Cerva dai tre seni, Fardhen, Ciara, Vaneta, Neyssa la Dea tigre, Eoghan il Dio Lupo, ecc.) si arriva a un numero davvero importante. Tuttavia, grazie alle loro peculiarità fisiche e mentali, il lettore è aiutato a non confonderli tra loro. Forse chi non è avvezzo a destreggiarsi con un “cast” così tanto nutrito potrebbe rischiare di cadere in difficoltà e trovarsi a chiedersi, di tanto in tanto, “chi è chi?” e questo anche per via dei loro nomi a volte di non facile memorizzazione. I personaggi sono tutti da scoprire nelle loro luci e nelle loro ombre. È facile entrare in empatia con ciascuno di loro, di là dalle singole preferenze, e sentire le loro inquietudini, emozioni e paure. Ciò si deve, ovviamente, alla penna dell’autrice e alla sua abilità nel trasportare il lettore nel mondo psichico di ognuno di loro, Dei compresi.
Mord
"La vita degli albini era tutta nelle loro mani: nascevano con il Marchio degli Dei, il crine bianco che li identificava come destinati a succedere nella guida del Popolo."
Il Popolo crede che l’albinismo sia il marchio apposto dagli Dei sugli individui designati a guidare la tribù. Mord è l’albino, colui che ha il Marchio degli Dei, quindi colui che sarà la Guida del Popolo per volere dei Rathi e dei Nyasthi. Così, dopo la dipartita della regina Mathia, Mord diviene il nuovo Re e proprio lui che porta il marchio degli Dei non crede in essi e quindi neanche nei rituali mirati a chiedere la loro benevolenza. Mord potrebbe essere definito come un “ateo” ante litteram o un “San Tommaso” del mondo primordiale. Egli, difatti, crede solo in ciò che vede e che sa essere reale, perché tangibile e frutto di una sua diretta esperienza. Mord è un re orgoglioso, tutto d’un pezzo e pragmatico. Non sempre raccoglie il plauso del suo popolo e dei Saggi (d’altronde, come detto, mette in discussione l’esistenza di ogni Dio del pantheon in cui crede il Popolo).
"Mord scosse le spalle in un moto di stizza: il Marchio era a volte un peso davvero gravoso da portare."
Mord guida il Popolo tra mille difficoltà: i Saggi lo contrastano, la sua stessa madre è depositaria di un segreto che potrebbe minare il suo potere, e Huna la Veggente, sua amica d’infanzia nonché suo unico punto di riferimento, è portata via dal villaggio dal popolo invasore. Tutto ciò forse avrebbe indotto un altro re dalla psicologia più vulnerabile a piegarsi agli Dei, a cercare di ingraziarsi il loro favore, a cedere alla fede in barba allo scetticismo... “un altro re” appunto, ma non Mord. Egli è testardo, sicuro di sé e granitico nelle sue decisioni. Mord è senz’altro un personaggio ammantato di fascino e dalle sfumature interessanti: a tratti ribelle, a tratti ironico (soprattutto quando sbeffeggia la supponenza dei saggi) e a tratti finanche dolce e gentile.
Huna
Huna è la veggente del villaggio, amica di Mord dall’infanzia. Huna, contrariamente a Mord, ha fede nelle divinità ed è la loro mediatrice in terra. La sua cecità le permette di sentire la voce degli Dei e di interpretare la loro volontà. Entrare nel mondo di Huna significa per il lettore entrare in un mondo fatto di suoni, rumori, tatto e odori. Huna è una donna forte, che vive ai margini del villaggio, isolata da tutti e sola, fino a quasi dimenticare che cosa significhi esistere come un umano. Huna conoscerà un isolamento anche peggiore quando verrà rapita e allontanata dalla sua gente, durante un saccheggio. Huna con la sua saggezza e il suo dono di preveggenza, conduce il lettore in un viaggio mistico, fino al compimento del destino a cui ella è chiamata. Il suo destino sarà uno tsunami di emozioni inaspettate per il lettore.
STILE NARRATIVO
Lo stile dell’autrice è molto curato e pulito, sempre accattivante e a tratti poetico. Nessuna dispersione narrativa, nessun barocchismo che fa perdere il focus del racconto. Encomiabile la capacità di sintesi dell’autrice in pagine ricche di azioni. La presenza di qualche inforigurgito è funzionale al recupero della memoria (quanto mai necessaria in un romanzo molto ricco di personaggi e azioni). La narrazione è scorrevole e lineare.
TEMI
Il romanzo tratta temi universali, sempre di grande attualità e induce il lettore a riflettere sulle sue origini, sul fatto che non è mai esistita una società idilliaca e forse mai esisterà, essendo il bene e il male connaturati nell’essere umano.
Uno sguardo sulle nostre origini
Il romanzo induce a osservare il nostro passato con uno sguardo più benevolo e indulgente. L'uomo preistorico è visto e vissuto come creatura razionale, che sa esplicare le sue facoltà intellettive e trasformare la realtà secondo le sue esigenze, e questo indipendentemente dal suo stadio evolutivo tecnologico o dal suo credo religioso. La sua caratteristica costante è dunque l’intelligenza. Lo sguardo retrospettivo sulla preistoria porta a valutare come arricchimento le differenze di usi e costumi e il nomadismo come uno spazio comunitario mobile, una modalità di insediamento prima che di spostamento. Inoltre, con la regina Mathia e la Veggente Huna, la preistoria è donna, dunque non solo dominata dagli uomini. Si tratta di donne forti e determinate. Ci allontaniamo quindi dallo stereotipo dei ruoli generalmente attribuiti ai due sessi, viziati dalla realtà androcentrica della metà dell’Ottocento (epoca in cui fa la sua comparsa lo studio sulle origini dell’uomo), che non quella reale dell’epoca prima della scrittura. D’altronde la preistoria è una scienza giovane, ancora coperta da una coltre di mistero e carica di pregiudizi sulle donne a favore degli uomini.
Fede e “nichilismo”
Non c’è un unico punto di vista: la cieca devozione per gli Dei è bilanciata da un atteggiamento più critico che mette in discussione l’intero pantheon. Da una parte il re Mord scettico e dall’altra parte Huna, fedele negli Dei, portano il lettore a due visuali opposte ma complementari. Gli Dei condizionano l’agire umano. A volte gli Dei sono assenti e crudeli, altre fin troppo presenti per rimarcare la loro supremazia sugli uomini, altre volte ancora sono visti come un rifugio sicuro, un sostegno a cui aggrapparsi, una speranza irrinunciabile, a volte infine assumono una dimensione più umana, soprattutto quando affiancano il Popolo nella loro lotta contro gli invasori.
La crisi del Popolo non sempre risveglia la fede negli Dei. Difatti, non mancano umani che preferiscono demandare il loro destino alle proprie forze, anziché negli Dei. Il romanzo in questo senso si pone come una storia di scelte, di ribellione e di autodeterminazione. Il rapporto con gli Dei è quindi anche un rapporto conflittuale.
𝑬𝒓𝒂 𝒄𝒐𝒎𝒐𝒅𝒐 𝒄𝒓𝒆𝒅𝒆𝒓𝒆 𝒏𝒆𝒈𝒍𝒊 𝑫𝒆𝒊: 𝒅𝒂𝒗𝒂 𝒂𝒈𝒍𝒊 𝒖𝒐𝒎𝒊𝒏𝒊 𝒒𝒖𝒂𝒍𝒄𝒖𝒏𝒐 𝒂 𝒄𝒖𝒊 𝒂𝒇𝒇𝒊𝒅𝒂𝒓𝒔𝒊 𝒏𝒆𝒊 𝒎𝒐𝒎𝒆𝒏𝒕𝒊 𝒅𝒊 𝒊𝒏𝒄𝒆𝒓𝒕𝒆𝒛𝒛𝒂 𝒆 𝒅𝒂𝒎𝒂𝒍𝒆𝒅𝒊𝒓𝒆 𝒏𝒆𝒊 𝒎𝒐𝒎𝒆𝒏𝒕𝒊 𝒅𝒊 𝒅𝒆𝒍𝒖𝒔𝒊𝒐𝒏𝒆. 𝑷𝒆𝒓𝒎𝒆𝒕𝒕𝒆𝒗𝒂 𝒅𝒊 𝒂𝒇𝒇𝒊𝒅𝒂𝒓𝒔𝒊 𝒂 𝒒𝒖𝒂𝒍𝒄𝒐𝒔𝒂 𝒔𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒅𝒐𝒗𝒆𝒓𝒔𝒊 𝒑𝒓𝒆𝒏𝒅𝒆𝒓𝒆 𝒍𝒂 𝒓𝒆𝒔𝒑𝒐𝒏𝒔𝒂𝒃𝒊𝒍𝒊𝒕à 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒑𝒓𝒐𝒑𝒓𝒊𝒆 𝒔𝒄𝒆𝒍𝒕𝒆.
***
E tuttavia (Islwor) ora rimpiangeva il tempo in cui gli Dei non erano che nomi sulla bocca della Veggente, pensieri che si libravano da un rito, senza immischiarsi nelle faccende che riguardavano la vita del Popolo.
Lotta per la sopravvivenza
I personaggi vivono in un mondo ostile, fatto di ghiaccio, sofferenza psichica e fisica, un mondo dove per sopravvivere tocca lottare.
Diversità ed emarginazione
La vita di Huna è, come detto, all’insegna della diversità e dell’emarginazione e pone il lettore a riflettere su questo tema sempre attuale.
Guerra
Nell’aria risuonava il canto della guerra imminente. Vennero bruciati dei legni aromatici, conservati appositamente per quel genere di cerimonia. I corpi si agitavano, al ritmo dei tamburi, intorno al fuoco in una danza febbrile e sfrenata.
Guerra tra popoli e contrasto tra Dei e uomini, lotta per la libertà, lotta per non precipitare nel caos e mantenere l’ordine tribale e terreno. Creature oscure, all’apparenza lontane dalla vita terrena, che vogliono imporre la loro volontà sugli uomini e confermare la loro supremazia su di essi, quasi incuranti su ciò che è giusto o sbagliato.
ANALISI DEL TESTO
Il racconto si addentra nella parte più oscura della storia dell’uomo. L’uomo moderno è l’occhio osservatore di un’umanità distante dall’attuale, ma neanche troppo diversa per pulsioni, istinti, illusioni, pregiudizi e convinzioni. A cambiare è solo il bagaglio di conoscenze, la forma che prendono le credenze, ma non la loro sostanza di autoinganno capace di condizionare l’agire umano. “Sono ciò in cui credo” è il principio regolatore dei rapporti umani a qualsiasi livello gerarchico.
La narrazione ha un ritmo serrato. I fatti si succedono velocemente, a volte spietati, altre volte avviluppati da un’atmosfera misteriosa, cupa e onirica. Colpi di scena, risvolti inaspettati e imprevisti di vario tipo sono inseriti ad arte e rendono il tutto ancora più gradevole, mai banale o scontato. Riti e leggende, funzionali alla trama, aiutano il lettore a entrare meglio nel mondo preistorico. Il lettore assiste a rituali, usi e costumi di cui sembra divenire spettatore attivo.
Gli uomini dei primordi sono raccontati in tutta la loro cruda realtà. Le descrizioni, mai pesanti e didascaliche, tuffano il lettore in qualcosa di molto verosimile. L’autrice ha saputo mescolare la fantasia, fatta di immagini potenti e di grande impatto emotivo, al “credibile”, al “potenzialmente vero”. Il pantheon, d’ispirazione norrena, è ben strutturato. I dialoghi sono altrettanto credibili. La voglia di rivalsa del Popolo permea le pagine con vivacità. Il finale suggerisce che Il Sangue della Veggente potrebbe avere un sequel.
LETTURA CONSIGLIATA A...
Il libro è certamente indicato agli amanti del genere, ma questo va da sé. Tuttavia, anche i lettori più ostici ai romanzi fantasy, che amano però sfidarsi come lettori, che non hanno paura di sperimentare letture lontane dalla cosiddetta “zona di conforto” (brutta parola ma efficace!), potrebbero apprezzarlo, data l’ambientazione particolare. In questo caso, i lettori dovranno essere pronti, se non a ribaltare, quantomeno a riconsiderare la propria predisposizione al fantasy, genere indubbiamente ricco di potenzialità creative e strutturali.
LINK DE "IL SALOTTO DEL RECENSORE" SU "IL SANGUE DELLA VEGGENTE":
SALOTTO
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