
Amici lettori e autori,
oggi ci intratteremo un po’ con Andrea Settis Frugoni che, assieme a Silvia Baldassari e Arianna Luperini, è socio fondatore della casa editrice Barta, 100% NoEap e per questo rispettosa della sua “forza lavoro”, ossia gli autori che le affidano le loro opere. Se ancora non conoscete Barta Edizioni, vi invito a visitarne il sito. Navigando nel catalogo è impossibile non accorgersi della cura grafica delle opere da loro edite. Ringrazio Andrea per la puntualità e chiarezza con cui ha risposto alle domande. Esperienza e professionalità emergono fin dalla prima riga. È molto importante per gli autori conoscere le case editrici prima di inviare loro materiale, per evitare di fare un volantinaggio indiscriminato delle proprie opere. Ho amato di questa intervista in modo particolare la risposta che Andrea ha dato sulla questione editing. Pagare un “editore” (alias tipografo a pagamento asso piglia tutto) non significa avere la garanzia di un buon lavoro di editing, anzi, molto spesso è l’esatto contrario. Le c.e. a pagamento (Eap), oltre a fare leva sul vanity press di aspiranti scrittori, spesso non operano scelte, ma arraffano gli scarti delle NoEap, intasando il mercato editoriale con opere che nonna Abelarda fa finta di leggere a zio Antonio per fare contento il nipote Pasquale.
E ora entriamo nel vivo dell’intervista.
Com’è nata la c.e.?
Siamo lettori che pubblichiamo ciò che vorremmo leggere. È iniziata così, con un romanzo che non trovava una casa editrice e che abbiamo pubblicato noi, Finistère.
Che cosa vi contraddistingue rispetto ad altre case editrici?
Un proverbio mi pare ucraino dice così, «Anche il trattore ha il suo carattere». Le case editrici buone sono, in tal senso, «persone», ognuna con un suo carattere. Vogliamo essere un trattore.
Cosa significa oggi essere un editore indipendente?
Essere libero e, per ora almeno, piccolo. Tecnicamente, non far parte di un gruppo editoriale.
Cosa vuol dire svolgere il mestiere di editore?
Scegliere; lavorarci; far nascere; proporre al pubblico.
Qual è l’errore o quali sono gli errori che, secondo voi, un autore emergente commette nel presentarvi un proprio progetto editoriale?
Pubblichiamo narrativa scritta e fumettata, opere grafiche, libri per bambini. Cose diverse preferiamo cercarle da soli, però riceviamo un sacco di proposte che non c’entrano nulla con noi. Chi propone dovrebbe guardare sempre il catalogo della casa editrice prima di…
Il mondo editoriale ormai è molto ampio, le case editrici sono davvero numerose e in molti optano per l’auto-pubblicazione. Perché un autore dovrebbe rivolgersi a voi?
Perché gli piace leggere le cose che pubblichiamo.
Quanto per voi è importante la figura dell’editor per accompagnare l’autore nella fase antecedente alla pubblicazione?
Quanto conta l’arrangiamento in un pezzo? Basta sentire Hurt dei Nine Inch Nails cantata da Johnny Cash.
Che cosa cercate e che cosa escludete?
Cosa cerchiamo l’ho già detto e non voglio ammorbare; cosa escludiamo? Poesia, teatro, saggistica. E quel che non ci piace, va da sé. Non abbiamo preclusioni di generi o di registro stilistico, non esistono libri colti e libri per lettori che non pensano, come dicevano i detrattori di Burroughs (Edgar Rice): esistono libri belli e libri brutti. Dico libri, ma vale per i fumetti e tutto quello che pubblichiamo.
Avete una visione del mondo rilevabile da una citazione o un’immagine in cui rispecchiare i vostri propositi editoriali?
«Non sapendo quando l’alba verrà / lascio aperta ogni porta» (Emily Dickinson) e «E’ la somma che fa il totale» (Totò). Cito a memoria, magari le parole non sono esatte.
Quali caratteristiche cercate in un autore? Come scegliete un manoscritto?
L’autore deve essere aperto al confronto, al cambiamento, e irremovibile sui suoi fondamentali; ma prima deve essere autore di qualcosa che ci è piaciuto. I manoscritti che arrivano alla casa editrice li affidiamo a un comitato di lettura; se superano il primo vaglio ce li passiamo tra noi (siamo in tre a dirigere la casa editrice, e essendo in tre lo stallo non è possibile) e da lì parte il dialogo con l’autore. All’autore spetta l’ultimo no, alla casa editrice l’ultimo sì. Il titolo si discute, qui il parere dell’autore è dirimente. L’immagine di copertina si discute con l’autore, ma decide la casa editrice.
Qual è stata la prima pubblicazione della vostra c.e. e perché la scelta è ricaduta proprio su quel testo?
Ci è capitato di leggerlo per caso; lo avevamo proposto in giro, e alla fine era approdato a una casa editrice per noi stella polare, ma la morte della fondatrice ha fatto saltare le carte. A quel punto abbiamo deciso di fondare Barta e pubblicarlo noi, non sopportavamo di averlo letto in uno sparuto manipolo di persone.
Che cosa pensate dell’“editoria” a pagamento?
Se l’editore non investe, non investirà: stamperà le copie da contratto di spettanza all’autore, più poche altre che manderà in librerie sodali e fine dei giochi. E’ una sepoltura di lusso. Meglio, molto meglio autopubblicarselo.
Cambia per le opere di saggistica (ma non ci riguarda), se a pagare sono le istituzioni che finanziano la ricerca o fondazioni varie. In tal caso non c'è nulla di male, è anzi spesso l'unico modo per pubblicare ricerche su un tema non di larga presa.
Quali generi narrativi e stili preferite?
Come detto, all’interno dei nostri filoni non abbiamo preclusioni. Purché sia bello.
Preferite il cartaceo o l’ e-Book?
Non facciamo libri elettronici. Per noi leggere inizia col gusto fisico di avere un volume tra le mani, stampato sulla carta giusta, da sfogliare. Ci piacciono i libri vissuti.
Che cosa vi rende soddisfatti di questo mestiere e che cosa no?
Il volume appena pubblicato e il volume appena pubblicato e non abbastanza letto/diffuso/venduto/discusso.
A vostro avviso perché siamo più un paese di aspiranti autori che non di lettori e di chi è la responsabilità se, soprattutto la poesia, si legge così poco?
Manca una promozione alla lettura. A scuola ci dovrebbe essere un’ora in cui si legge un romanzo, un libro di poesia, di teatro, senza voti, solo leggerlo. Stessa cosa per i fumetti. Andrebbe riservato tempo alla cultura del bello (in senso etico, artistico, emotivo e poi estetico). Ci vorrebbero anche spazi dedicati sui media.
Volete dare qualche consiglio agli scrittori emergenti?
Scrivete bene e, nella lettera di accompagnamento alle opere, presentatevi meglio.
Che cosa pensate delle agenzie letterarie?
Bisogna distinguere tra quelle che fanno gli agenti per gli autori e quelle che svolgono anche un servizio di redazione, correggendo e mettendo a punto (se fanno di più poi si rischiano certe salse senza sugo tipiche di certo mercato usamericano). Entrambe possono essere utilissime o una jattura, possono portare un autore a pubblicare o trasformare un manoscritto da cassetto in un romanzo; o essere inutili oppure spremerlo come un tubetto di latte condensato.
Perché preferite ricevere le proposte editoriali in cartaceo e non attraverso la posta elettronica?
Spedire un .doc o un .pdf è un clic. A noi leggere una proposta costa tempo, fatica, soldi, riflessioni. Vogliamo che anche dall’altra parte ci sia impegno. Screma moltissimo.
Grazie per le domande