PETIZIONE: DISTINGUERE CON UN LOGO/MARCHIO SUI LIBRI L'EDITORIA NO EAP DALL'EDITORIA A PAGAMENTO
Questa petizione è soprattutto un richiamo a un problema che affligge il confuso mondo dell’editoria, un progetto forse utopistico che aspetta dei suggerimenti per la sua attuazione. Tuttavia, la speranza è che possa essere trovata una soluzione meno complessa e onerosa di un marchio, come ad esempio una libera e responsabile dicitura “Questa pubblicazione è stata realizzata a spese dell’editore” o qualcosa di simile. È vero che si tratta di una proposta apparentemente ingenua e tardiva. Non sarebbe, però, nata se le case editrici si chiamassero case editrici e le tipografie con servizi aggiuntivi, tipografie con servizi aggiuntivi o qualcosa di simile che faccia chiarezza. Se le due categorie fossero distinte, avrebbero ognuna le proprie eccellenze e specificità, e le tipografie con servizi aggiuntivi avrebbero un ruolo onesto e di rilievo senza sottrarre il mestiere alle case editrici non a pagamento.
Il problema è che l’editoria è affetta da un virus che la sta divorando. Questo virus si chiama “non dare il nome giusto alle cose”. Può esistere davvero un’editoria a pagamento? In realtà no, l’editoria è solo una, il resto è, citando Gianfranco Franchi, scrittore e critico letterario, “carne morta”. L'editoria, se mai una distizione deve essere fatta, si divide in micro (non ha distribuzione e i libri sono ordinabili nelle piccole librerie di quartiere, perchè le grandi catene solitamente non accettano i libri della microeditoria), piccola e media editoria (hanno una più o meno discreta distribuzione nelle librerie) e la grande editoria (presente ovunque).
Intanto chiariamo subito che la sigla “No Eap”, sta per “No editoria a pagamento”, ossia quell’editoria che non chiede contributi agli autori ma, semmai, riconosce loro, quali lavoratori della penna, royalties variabili a seconda del numero di libri venduti e, ancora prima delle royalties, nel caso della piccola, media e grande editoria, anticipi in base alla previsione di vendita (il vero salario di un autore). In realtà l’editoria non dovrebbe neanche essere definita in questo modo, perché l’editoria non a pagamento è la sola che dovrebbe esistere e quindi riconosciuta come tale. No Eap è una specificazione ridondante. È come se dicessimo “marito di sua moglie”. Perché, però, si rende necessario quest’acronimo? Perché purtroppo esistono pseudo case editrici che si autodefiniscono “case editrici”, ma che invece non si comportano come tali, dal momento che richiedono contributi agli autori, quando invece dovrebbero, appunto qualificarsi come “tipografie con servizi aggiuntivi”. Se si chiamassero così, senza abusare del titolo di editoria, non ci sarebbero problemi. Il mondo è vasto e ha posto per tutti. La questione nasce dal fatto che si è creata una grande confusione, perché questi due tipi di editoria sono indistinguibili nelle copertine. Non c’è purtroppo alcuna regolamentazione in questo senso. I lettori dovrebbero avere il diritto di sapere se stanno leggendo un libro di un autore pagante o meno. Senza contare che l’indistinzione tra i due tipi di editoria porta a una sequela di danni incalcolabili ed enormi al settore editoriale autentico. In che modo?
1. Molti esordienti amanti della scrittura, in perfetta buona fede, accettano di firmare contratti con le case editrici a pagamento perché credono che questa sia la normalità. Ebbene no, non è la normalità. Vi immaginate Baricco che paga la Mondadori per far pubblicare una sua opera? Sarebbe un’anomalia a dir poco grottesca. Da che mondo è mondo, chi lavora deve essere pagato e non pagare il proprio datore di lavoro. Anche se non siamo Baricco, e forse non lo saremo mai, all’inizio della nostra carriera nell’arte scrittoria, dobbiamo preservare la nostra dignità di autori non prestandoci a questa confusione editoriale. Dobbiamo sapere aspettare la nostra occasione. È un dato scientifico: se una nostra opera è valida e ben scritta, certamente prima o poi, troverà accoglienza. L’eccezione alla regola è quella del genio incompreso, vale a dire, colui che, pur avendo scritto un’opera valida, continua a essere ignorato dall’editoria No Eap. Ecco, costui, è giusto che non privi l’umanità di una sua perla e, come ultima ratio, ricorra all’editoria a pagamento. L’inghippo, però, rimane sempre quello della riconoscibilità dell’editrice dalla tipografia con servizi aggiuntivi. Queste ultime, nella loro corretta definizione, avrebbero poi un punto a favore per aver scoperto prima dell’editoria un talento e non di aver sottratto un talento all’editoria autentica.
2. L’editoria a pagamento fa leva sul vanity press di persone che credono che la loro opera sia unica e indispensabile al mondo della letteratura. Un conto, però, è credere in se stessi e nel proprio progetto – prerogativa fondamentale di un autore - un conto è mancare totalmente di senso autocritico e cedere al “se mi paghi, ti pubblico”.
Non di rado le case editrici a pagamento si trovano a pubblicare gli scarti dell’editoria non a pagamento, immettendo nel mercato opere scadenti. Laddove queste non lo fossero, è probabile che le stesse siano state manipolate in modo massivo da ghostwriters ed editors, giustamente retribuiti, per dare vita a un qualcosa che altrimenti non avrebbe mai avuto ragione di esistere. Ed ecco qui che taluni soggetti scarsamente alfabetizzati, con un background culturale pari a zero, che forse non hanno mai aperto un libro in vita loro, si trovano a diventare autori. Il nulla è trasformato in scrittore e una “non opera” in un’opera degna di essere letta.
3. I recensori di libri (mi riferisco esclusivamente ai blogger amatori e non certo ai critici letterari professionisti), spesso purtroppo, al pari dei lettori, non sanno se stanno leggendo un libro di un autore pagante o di un autore selezionato dalla vera editoria. Ovviamente, se a questo tipo di editoria fosse attribuita una più onesta qualifica, che per praticità qui ho chiamato “tipografia con servizi aggiuntivi”, i recensori blogger potrebbero scegliere in modo più consapevole. Realtà diversa, vale la pena ribadirlo, è quella dei critici per professione, che sanno stanare le case editrici a pagamento, senza contare che la deontologia professionale impedisce loro di recensire autori paganti per non incoraggiare il mercato dell'editoria a pagamento.
Gli autori è bene che leggano i loro contratti con attenzione e che, se hanno dubbi, non esitino a fare domande al proprio editore. Online ci sono molti siti che danno un orientamento di base sulle case editrici, anche se ciò non basta e forse può essere addirittura deviante. Può accadere, difatti, che in rete circolino voci sbagliate soprattutto sulla microeditoria e che si parli di Eap come di No Eap e viceversa. La cosa migliore è quindi informarsi in modo diretto.
La speranza è che il Ministero della Cultura, prima o poi, metta un punto a questo caos nel mondo editoriale. Innanzitutto stabilendo quali siano esattamente i compiti di un editore. Ad oggi, difatti, esistono case editrice No Eap, che sì, non fanno pagare le spese grafiche e tipografiche, ma che non comprendono tra i loro servizi l’editing, messo quindi a carico dell’autore. Non è neanche infrequente che case editrici non a pagamento, sebbene per contratto garantiscano all’autore l’editing, non facciano un buon lavoro o non lo facciano affatto. Chissà a quanti autori sarà capitato di ricevere i propri file prima del “visto si stampi” senza nemmeno una correzione! Incidenti sgradevolissimi che spingono poi gli autori a mettere mano di nuovo a un proprio lavoro “interagendo” con un editor ghost o a pagare di tasca propria il lavoro di editing o ancora subire eventuali errori sfuggiti e refusi, che possono pregiudicare tutta l’opera e la sua presentazione a un concorso letterario.
Chiudo precisando che io stessa sono incappata in situazioni ambigue, che ho navigato confusa nel mondo editoriale fino ad arrivare ora a un minimo di discernimento…. Della serie “sbagliando, s’impara”.
Ricordo a tutti che nel mio blog, nella rubrica “Intervista all’editore”, potrete conoscere più da vicino, di volta in volta, le case editrici No Eap.