Cari lettori,
oggi tema scottante: necrosi cerebrale e fanatismo acefalitico nell'era degli influencer.
Gli imbonitori del web sono solo gli attori principali della commedia tragicomica in atto. Essi si limitano a recitare il copione della vanità su un palcoscenico di like e condivisioni. Ma, come ogni grande spettacolo, la vera chiave del mistero risiede nell'audience. Già, gli "Influenzabili" sono il vero problema (d'altronde, se esistono gli influencer, è perchè esistono persone che si lasciano "influenzare"). Stiamo dunque diventando un popolo di influenzabili?😳
Nel cenacolo effervescente dei social media, dove spesso l’insipienza danza il twist con l’ostentazione becera della ricchezza, emerge con forza la questione cruciale dell’assenza di discernimento degli influenzabili (la sola parola dice tutto sulla loro fragilità). Queste creature sembrerebbero ormai incapaci persino di scegliere un paio di mutande, senza seguire pedissequamente i dettami di un’icona digitale.
Chi segue gli influencer con fervore eccessivo diventa l'autore inconsapevole di un dramma che si sviluppa nelle pieghe dell'acriticità. Ogni clic, conferisce a questi moderni divi digitali un potere sempre crescente, come se fossero despoti dell'era algoritmica. E mentre gli influencer raccontano una vita incantata su sfondi paradisiaci, trasformandosi nei moderni narcisisti digitali con l'esibizione di una viscida autoreferenzialità, gli influenzabili li sostengono. Ed ecco che gli influencer divengono una sorta di specchio deformante in cui identificarsi, anche se solo a livello virtuale.
I “guru” virtuali, con i loro balletti imbarazzanti e la vita mondana raccontata tra gli agi di yacht sontuosi, capitalizzano creando desideri e sogni, arrivando in questo modo a plasmare la realtà di centinaia di milioni di individui, senza che questi se ne accorgano. La loro ostentazione sfacciata della ricchezza, una danza cafona di opulenza in perfetto stile parvenu, si trasforma in un esca irresistibile. Gli influenzabili, come sappiamo tutti, partecipano attivamente, offrendo il proprio determinante contributo attraverso il consumo di prodotti pubblicizzati. Acquistare beni inutili, credendoli essenziali, è primo effetto della manipolazione.
Ma non finisce qui, gli influenzabili arrivano a idealizzare la loro eroina digitale, riconoscendole il ruolo di benefattrice autoattribuito, quando la realtà è molto diversa e ha un preciso nome: marketing. Nel regno dell'ipocrisia, purtroppo, il raggiro regna sovrano e crea, suo malgrado, sempre più adepti. La tragica ironia emerge quando i seguaci, riducendo le proprie necessità primarie, contribuiscono a ingrassare ulteriormente le casse dei loro beniamini che mercificano tutto, beneficenza compresa.
Gli influenzabli contribuiscono a un'enorme raccolta fondi: il conto bancario dell'influencer, dove la magia della beneficenza è solo un trucco ben orchestrato.
Travestite da mere “sviste di comunicazione”, anche le truffe si insinuano nelle pieghe del tessuto sociale, erodendo la fiducia di quella parte di pubblico disposto a rinsavire. Tuttavia, il consumismo determinato da questi imbonitori del web, con maestria camaleontica, continua ad ammaliare. La conquista del nulla, che annienta ogni sprazzo di speranza per un mondo diverso, più egualitario, più robusto a livello neurologico e culturale, continua a fare presa sugli Influenzabili. Perché ciò accade persino di fronte all'evidenza di un errore? Quali meccanismi psicologici e sociali rendono così irresistibile l'attrazione verso un mondo fatuo e illusorio, mentre la realtà dietro di esso si rivela sempre più distorta e alienante? Chi sono veramente gli "inflluenzabili"? Chi è questo popolo inerte che si sottomette? Chi sono questi abitanti del mondo sotterraneo dei clic silenziosi, dove l'unica luce è quella delle notifiche? Forse sono solo persone sole, incapaci di dare altrimenti un significato alla propria vita. Forse sono solo persone che non roescono a vedere oltre una realtà distorta, perché le loro menti, avvolte nella nebbia, non riescono più a percepire le sfumature del pensiero critico. Sta di fatto che, nell'iperrealità digitale, l’assenza di spirito critico è il copione che perpetua il ciclo vorticoso della disillusione. E così, il sipario si chiude su uno spettacolo che, tra truffe camuffate e illusioni consumate, smaschera la fragilità dell'umanità, schiava volontaria di un sistema basato sull'apparire.
La danza delle marionette digitali e dei loro seguaci affamati di emulazione si evolve in una malattia dell'anima moderna: l'ottundimento cerebrale. Un morbo insidioso che si diffonde attraverso le trame intricate della psicologia di massa, trasformando gli individui in burattini inconsapevoli di un sistema che li sottopone a un perpetuo stato di assuefazione intellettuale.
E così, nell’era degli influencer e degli influenzabili, il morbo dell'ottundimento cerebrale diventa un contagio silenzioso che mina la nostra capacità di discernere, di resistere alle lusinghe della superficialità digitale.
Mentre il sipario si chiude su questa rappresentazione moderna, resta il monito: risvegliamo il nostro spirito critico, abbandoniamo il torpore dell'influenza passiva e riconquistiamo la capacità di scegliere, di pensare, di vivere al di là delle illusioni digitali. Solo così potremo sperare di liberarci dal morbo che mina la nostra essenza e di ritrovare il cammino verso un mondo autenticamente umano.
ELISA come sempre una interessantissima e condivisibile dissertazione sul tema.
Personalmente temo che le persone da quando esistono organizzazioni sociali siano sempre state influenzabili.. .. interi popoli soggiagati dalla "rivelazione" del sovrannaturale propinato da sacerdoti del Credo, .....le folle plaudenti in delirio ad osannare dittatori sanguinari... ecc...
Si "aggiornano" i mezzi usati per influenzare e gli scopi che si intendono ottenere.. oggi veramente ridotti al perseguimento del mero accrescimento del proprio ego e del proprio portafoglio.. spesso a scapito di qualunque valore etico o morale.