Editore Nua (24 febbraio 2022)
Lingua Italiano
Copertina flessibile 290 pagine
Genere: mistery, giallo
BIOGRAFIA DI LAURA ZC COSTANTINI
Romana. Giornalista televisiva, scrittrice, curatrice di pubblicazioni. Lettrice accanita.
Ama le parole scritte e il loro potere di condivisione. Ha pubblicato romanzi e racconti. È autrice di un saggio sulle difficoltà delle donne nell’editoria, “Scrivere? Non è un mestiere per donne” (Historica Edizioni).
In narrativa scrive da sempre insieme a Loredana Falcone, la sua socia di penna, e da sempre combatte con la difficoltà di spiegare agli altri come e perché si scrive a quattro mani. Alla fine hanno deposto le armi ma, insieme sono state nominate ambasciatrici del Telefono Rosa, grazie alla partecipazione all’antologia contro il femminicidio “Nessuna più” (Elliot) e continuano a battersi contro la discriminazione letteraria nei confronti dei personaggi femminili, spesso vittime di stereotipi ammuffiti. Donne sono al centro del western “Il destino attende a Canyon Apache” (Las Vegas Edizioni). Donne si pongono al servizio di una missione per la salvezza del mondo nel thriller “Il puzzle di Dio” (goWare) scelto da “Liberi di Scrivere” quale miglior edito del 2014. E sempre due donne portano il loro apporto alla rivoluzione messicana di Benito Juarez nel romanzo storico “Ricardo y Carolina” (goWare) pubblicato nel 2015
BIOGRAFIA DI LOREDANA FALCONE
Loredana Falcone è nata a Roma e queste radici emergono evidenti nel primo libro che la vede distaccarsi dalla narrativa pura. Ha all’attivo dodici romanzi, scritti a quattro mani con Laura Costantini, con i quali ha spaziato dallo storico al giallo al thriller.
QUARTA DI COPERTINA
Bartolomeo Zoldan ha sempre avuto un crudele senso dell’umorismo. Approfittando del castello di Boscolungo, una sua proprietà sull’appennino tosco-emiliano, ha deciso che perfino da morto può giocare un tiro mancino ai propri eredi: costringerli a partecipare a una sorta di caccia al tesoro per aggiudicarsi il pacchetto di maggioranza della Zoldan S.p.A. Dovranno restare in totale isolamento (nessuna comunicazione con l'esterno, nessuna connessione, nessuna auto a disposizione) nel castello e seguire le tracce basate sui versi immortali di Giacomo Leopardi. Un figlio scapestrato, la vedova del primogenito di Bartolomeo, un figlio illegittimo e la giovane segretaria che il magnate ha sposato segretamente saranno costretti ad allearsi, diffidare, tendersi reciproci trabocchetti per cercare di interpretare tutti gli enigmi e raggiungere il tesoro. Nessuno di loro immagina che il gioco possa diventare qualcosa di ben più pericoloso. E che la posta in gioco possa essere la vita.
RECENSIONE
Introduzione
Il mio soggiorno a Boscolungo è stato protratto oltre il previsto. Attenzione però: centellinare una lettura non significa necessariamente non averla apprezzata, tutt’altro. Ho porzionato i capitoli come un antipasto raffinato per godermeli appieno. È vero, accade più spesso che io divori il piatto e il suo contenuto senza neanche masticarlo, ma in questo caso la mancata voracità ha impreziosito la mia consueta mensa notturna, con una pietanza di pregio. Da ingozzona di racconti quale sono, sbocconcello di tutto in cerca sempre di qualcosa che faccia la differenza e “Trappola a Boscolungo” ha fatto la differenza, trattandosi di un romanzo accattivante che si snoda scorrevole dall’inizio alla fine. Le autrici hanno saputo alternare i momenti di tensione e di mistero ai momenti più ilari e ironici, dando modo al lettore di diventare un cinico e divertito spettatore di dinamiche meramente umane.
Trama
Il racconto si apre con la morte del ricco uomo d’affari Bartolomeo Zoltan. Al suo funerale partecipano parenti e sconosciuti convocati dal notaio, giacché citati nel testamento. Nessuno sembra essere dispiaciuto per la dipartita dell’uomo, poiché in vita era un tipo tosto e continuerà a esserlo anche da morto. L’eredità del defunto è ingente e comprende il pacchetto di maggioranza della Zoltan S.P.A. Bartolomeo, perfido e burlone a un tempo, poco prima della sua dipartita, ha organizzato nei minimi dettagli una “caccia al tesoro leopardiana” (le tracce-indizio sono versi dei Sonetti del poeta), alla quale dovranno partecipare i suoi possibili eredi, sempre che questi vogliano entrare in possesso della sua ingente ricchezza. Gli aspiranti al bottino non potranno ricevere alcun aiuto esterno e non potranno disporre di alcun supporto offerto dalla tecnologia. Il lettore dovrà capire insieme ai personaggi implicati nella caccia al tesoro, dove conducano gli indizi. I quattro possibili eredi, che imparano a detestarsi presto, cercheranno di mettersi reciprocamente in difficoltà nella ricerca, ignari che questa caccia diventerà man mano sempre più pericolosa fino mettere a rischio le loro stesse esistenze.
***
Un nucleo narrativo semplice (una caccia al tesoro per vincere l’eredità di un ricco magnate) con un gioco a incastro perfetto. L’intreccio è ben strutturato. I capitoli sono intitolati come alcuni Sonetti di Leopardi, allo stesso modo gli indizi-indovinelli contengono versi del poeta.
Trappola a Boscolungo è un romanzo che esige un lettore acuto e attento, che sappia cogliere gli indizi disseminati nel testo per arrivare alla fine del romanzo senza farsi spiazzare dal finale. Ma qualora il lettore fosse meno accorto, a quel punto godrà del colpo di scena, felice di essersi intrattenuto con personaggi ai suoi occhi imprevedibili e dalla psicologia bizzarra.
Che cosa si nasconde dietro la caccia al tesoro organizzata da Bartolomeo Zoldan? Il mistero o non mistero del gioco tutto sommato non è rilevante, quanto invece lo sono le dinamiche che il gioco stesso innesca. Il soggiorno a Boscolungo diviene così un soggiorno nelle peggiori bassezze umane, dove per il “Dio denaro” le persone si alleano, si tradiscono e si insudiciano l’anima pur di guadagnare terreno rispetto agli altri. Intrighi e bugie ritmano la trama rendendola vivace fino all’ultima riga.
Il romanzo si pone come un giallo-reality con una regia d’autore.
TEMI
L’avidità umana
“Nel mondo c'è quanto basta per le necessità dell'uomo, ma non per la sua avidità.”
Mahatma Gandhi
Fino a che punto un essere umano può spingersi pur di ottenere un vantaggio? Quanto è pronto a tradire se stesso e gli altri? Gli eredi di Bartolomeo Zoldan con la loro slealtà reciproca, le loro alleanze, le loro passioni opportunistiche, sembrerebbero davvero disposti a tutto pur di vincere il tesoro. Usano ogni mezzo per arrivare alla soluzione del compito loro assegnato dal defunto Bartolomeo.
«Io capisco che, nelle tue condizioni, sarebbe meglio non avere
tutti quei soldi. Ma la stessa cosa non vale per me. Da quando è morto
Marco non ho fatto altro che dare retta alle persone sbagliate e il
risultato è che sono a terra. Per arrivare a quella chiave sarei disposta
ad allearmi anche con il diavolo.»
Nel mentre, il lettore è spettatore di dinamiche di gioco sempre più taglienti e inquietanti, dinamiche che si fa fatica ad accettare come “umane”. L’avidità sembra non salvare nessuno degli eredi. Tutti paiono ambire alla ricchezza. Forse davvero non esiste nessun paracadute interiore per attenuare la caduta nei più bassi istinti umani?
Come sappiamo, la storia della letteratura ha visto molte penne impegnate a trattare il tema dell’avidità, tema che, in questo romanzo ben congegnato, diviene a tratti la parodia di un’umanità intrappolata nel “voglio di più… costi quel che costi”, non provando tale umanità neanche ad astenersi da certe attrazioni materiali perché antiestetiche. Accettare di rimanere chiusi a Boscolungo pare essere l’unica opzione possibile per gli eredi Zoltan, che rimangono fermi nel loro intento di vincere la caccia al tesoro. Uscire dal castello che li ospita, difatti significherebbe perdere in automatico la possibilità di ereditare i beni di Bartolomeo. Gli eredi Zoltan convivranno tutti insieme, in barba allo scetticismo iniziale, ben piantonati nel castello. Dovranno avere mille occhi aperti, venire a capo di enigmi, stare attenti ai trabocchetti e ai reciproci inganni.
«L’unico interesse a cui hai mai guardato è il tuo. Non ho mai creduto
alla dedizione che ostentavi. Quelli come te hanno un padrone
solo: l’avidità.»
Il tema dell’avidità è strettamente legato a quello della fragilità dei legami familiari e, più in generale, dei legami umani.
Quanto al tema della caccia al tesoro legata al raggiungimento di un’eredità, che dire? Lo ho amato troppo, avendolo anch’io inserito in un romanzo (H.H. Figlia della strada), sebbene in un contesto decisamente diverso e con modalità decisamente diverse.
Mi sono divertita a osservare le strategie dei vari personaggi per raggiungere il loro obiettivo.
AMBIENTAZIONE
Ci troviamo a Boscolungo, un paesino sperduto sull’Appennino tosco-emiliano, in un castello isolato, un tempo dei conti dell’Orco e poi acquistato da Bartolomeo Zoltan. Tra corridoi intricati e oscure segrete è facile perdersi. L’atmosfera cupa e misteriosa dell’antico maniero concorre ad alzare la tensione.
PERSONAGGI
I personaggi sono presenti in modo equo tra le pagine del libro e ciò rende il romanzo un romanzo corale a pieno titolo. Credibili e ben caratterizzati, i personaggi prendono la scena suscitando nel lettore inevitabili simpatie e antipatie. Empatizzare con loro è davvero facile.
Il personaggio di spicco è senz’altro Giacomo Leopardi, essendo colui che ha ispirato ogni traccia-indizio della bizzarra caccia al tesoro congegnata da Bartolomeo a favore dei suoi possibili quattro eredi: Melania, vedova da tre anni di Marco (primogenito di Bartolomeo), donna vocata alla mondanità ma che cela una soffocata sofferenza, non troppo amata da Bartolomeo; Clarissa, giovane segretaria, divenuta poi moglie in segreto del ricco magnate, Niccolò Serini, “l’inaspettato” o “bastardo” figlio di Bartolomeo, come amabilmente lo definisce Melania, nonché attore di soap; e infine Guglielmo, il figlio minore del patriarca, nullafacente, scapestrato e non considerato esattamente “l’orgoglio di papà”.
I quattro giocatori si troveranno, loro malgrado, costretti a convivere nel castello isolati dal resto del mondo. Nonostante la loro iniziale riluttanza a partecipare alla caccia al tesoro (impenetrabili e misteriosi, sembrano poco interessati al gioco e quindi al patrimonio), cederanno alla tentazione di diventare azionisti di maggioranza nella Compagnia Zoldan. Eh sì, sono in palio potere e denaro. Per ottenere la vittoria i quattro si daranno una battaglia senza esclusione di colpi. Cercheranno alleanze perfino con la servitù del castello, anch’essa ambigua. Il tutto accadrà sotto gli occhi attenti dell’inquietante notaio Stefano Reale e da qualcuno che trama nell’ombra, osservandoli da un monitor, come se fossero all’interno di un Grande Fratello.
Chi di loro meriterà di guadagnarsi l’ingente patrimonio di Bartolomeo? Uno di loro? Tutti? O forse nessuno?
Bartolomeo Zoldan, anche da morto, è evidente che riesca a mantenere la sua egemonia su tutti gli aspiranti eredi. L’uomo ha un arguto umorismo e fino all’ultimo ha voluto prendersi gioco dei quattro, organizzando questa singolare caccia al tesoro.
STILE
Lo stile narrativo, dai dialoghi brillanti e dalla prosa vellutata, è ciò che ho apprezzato di più. In “Trappola a Boscolungo” nulla è superfluo. Credo che questo sia il massimo complimento che si possa fare a un autore. Laura ZG Costantini e Loredana Falcone hanno l’arte in mano e la loro grazia emerge nello stile etereo, raffinato e posato. Lo stile letterario è fluido e asciutto, senza dispersioni, frase infarcite di aggettivi e avverbi e descrizioni obese di dettagli inutili. Impedire al lettore di lavorare con la fantasia è quasi un atto criminale! Descrivere un personaggio è un conto, consegnarlo al lettore già masticato è un altro. Le due autrici sono state abilissime a catapultare i lettori nella storia, non sacrificando nulla all’immaginazione.