Mi chiamo Elisa Averna e fino a qualche anno fa ero una di quelle “pazze” che, “armate” di megafono, per strada cercavano di informare i passanti sugli allevamenti intensivi, sulla vivisezione e altre turpitudini di cui è capace l’uomo. Un bel giorno ho sostituito il megafono con la penna, meno invadente e forse più incisiva. Scrivo per professione (mi occupo di percorsi didattici museali ed esercito la mia attività di ghostwriter ormai da anni e, oltre alla saggistica, ora pubblico anche opere di narrativa), dunque non è stato difficile. Così, il mio secondo romanzo, intitolato “Chiodi di ghiaccio” (Bertoni Editore), è picchiettato di temi antispecisti, ovviamente funzionali alla trama e quindi senza ideologizzarla e renderla petulante. Qui prodest? Forse a nessuno, se non a me stessa e alle mie orecchie che non dovranno più sentire i soliti improperi destinati a noi cosidetti “animalisti” (quale termine più antipatico e ghettizzante? Forse “vegano”?) quando manifestiamo per difendere chi non ha voce. Devo dire, però, che ho sempre avuto grande ammirazione per tutti coloro che hanno messo a disposizione la loro arte per veicolare taluni messaggi. Certamente ognuno di noi, nel proprio piccolo, può farsi strumento di divulgazione di temi riguardanti il benessere del pianeta e di chi lo popola, senza di certo colonizzare il cervello altrui, ma semmai stimolarlo alla riflessione. Il rispetto delle libertà individuali è fondamentale, ma è indubbio che non si possa esercitare il proprio libero arbitrio senza consapevolezza e conoscenza. Penso che chi abbia la capacità di esprimersi attraverso una qualsiasi forma d’arte sia bene che lo faccia, anzi, lo debba fare, quasi fosse un dovere morale, un richiamo della foresta imprescindibile. Non si tratta di strumentalizzare certi temi per la propria arte, come andare a rimorchio di una notizia che ha prodotto scalpore (operazione sgradevolissima e facilmente stanabile), ma semmai l’esatto contrario: è l’arte che si fa strumento di sensibilizzazione e si pone così al servizio di una causa comune.
Non troppo tempo fa mi sono imbattuta in un articolo che riportava uno studio sulle mucche con il quale si concludeva che le mucche mostrano compassione come gli umani. Ma va? Mi sono chiesta se ci fosse ancora bisogno di uno studio che aclarasse ciò che per molti di noi è scontato. Ma nulla evidentemente è scontato e molte cose si ha bisogno di leggerle, se non ci si ferma a osservarle. Soleandra, la protagonista del romanzo “Chiodi di ghiaccio” è una ragazza con una sviluppata sensibilità per la natura. Fin da piccola comunicava con le anime degli animali defunti, preludio della sua esperienza che avrà con Sara, una sua quasi coetanea defunta da poco e di cui prenderà il ruolo, precipitando in una crisi identitaria. Soleandra è vegana, la sua sosia defunta di nome Sara, mangiava “carne in scatola”, una delle tante differenze che nell’impersonare Sara, Soleandra dovrà affrontare.
Il romanzo ha un intreccio suo proprio, indipendentemente dai temi antispecisti, ma senz’altro questi hanno una loro importanza a livello simbolico e/o metaforico, e così laddove si parla di libertà, per esempio, vi è un riferimento agli orsi della luna. Questi orsi, in Cina, Vietnam e Corea, vivono tutta la loro esistenza nelle cosidette “fattorie della bile”, imprigionati all’interno di singole gabbie, in cui non possono muoversi, subendo le torture più atroci, dall’atrofia dei muscoli, a infezioni terribili che spesso li portano alla cecità e alla denutrizione, il tutto per sottrarre loro la bile, operazione dolorosissima. La loro bile difatti viene impiegata nella cosmesi e a scopi curativi per credo della medicina tradizionale cinese ormai largamente smentiti dall’evidenza scientifica. E ancora, laddove viene toccato il tema della cura di una data malattia, vi è un riferimento alla vivisezione come monito all’industria farmaceutica e a non trascurare le alternative cruelty free (cellule staminali ecc.) Infine temi quali la stretta relazione tra anarchia e antispecismo come lotta di liberazione aprono la via a vari cenni sugli allevamenti intensivi.
La domanda che potrebbe sorgere a questo punto è una: quanto può essere efficace, ai fini di un’intima riflessione, imbattersi in certi temi senza andarli a cercare trovandoli spiattellati in un’opera di narrativa che, per sua stessa natura, è rilassante? Forse molto più di quanto pensiamo. Il processo mnesico è selettivo, dunque raramente dimentichiamo tutto ciò che scuote i nostri sentimenti, fossero anche negativi. Possiamo forse soprassedere sul momento e simulare indifferenza per comodità, ma intanto quell’informazione è entrata dentro di noi, agisce in noi, orientando inevitabilmente le nostre scelte, acuendo il nostro senso critico ogni qualvolta se ne presenterà l’occasione. È indubbio che , come diceva Albert Einstein, “Il mondo è un posto pericoloso, non a causa di quelli che compiono azioni malvagie ma per quelli che osservano senza fare nulla.”
Link lettura di un estratto di "Chiodi di ghiaccio" edito da Bertoni Editore
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