Carissimi lettori e colleghi autori,
è un periodo che mi sento sufficientemente antipatica per non essere inibita con il mio peggiore sarcasmo.
Chiedo scusa fin dall'inizio e vi auguro una buona lettura!
Onestamente antipatica
Elisa
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L'Arte Sottile dell'Autoelogio
Se c'è una cosa che gli autori sembrano aver perfezionato nel corso degli anni, è l'arte sottile dell'autoelogio, che si insinua come un'infezione inaspettata nell'industria editoriale moderna. Dalle quarte di copertina ai commenti sul retro, sembrano aver trasformato l'umile atto di promozione in un'odissea di auto-ammirazione. Quando uno si mette in cerca di un libro sui vari gruppi social o sui book store online, spesso si imbatte in frasi, scritte dagli stessi autori, del tipo: "un capolavoro senza tempo" o "un romanzo che cattura l'anima del lettore". E che dire della classica "un'opera destinata a rimanere nel cuore di chiunque la legga"? Sembra quasi che gli autori abbiano sviluppato un talento innato per la superbia camuffata da modestia, convincendosi che un po' di autolode non faccia mai male. In effetti è vero: non fa male ma malissimo! La vanità letteraria è come un vetro opaco: può nascondere la verità, ma alla fine non può resistere alla luce della critica sincera.
A che cosa può portare l'autolode? Forse neanche a diventare più famosi del barbiere del Gabibbo.
RICORDIAMO: l'autoelogio è un gioco rischioso, che può trasformare il potenziale lettore in un fuggiasco veloce
La Biografia Inflazionata - Una Follia Contemporanea
Un altro capolavoro dell'autopromozione letteraria risiede nelle biografie degli autori, che sembrano competere tra loro per il titolo di "più gonfia di tutte". "L'autore ha vinto numerosi premi letterari", si legge spesso. Ma quali premi, esattamente? Una rapida ricerca rivela che la maggior parte di questi "premi" consiste in concorsi minori svolti in angusti caffè letterari o in festival locali, a volte poco più che un raduno di familiari e amici. E che dire di coloro che affermano di aver vinto "i più importanti concorsi letterari"? Sembra che questi concorsi siano più elusivi della mitica fonte della giovinezza. Mentre la realtà si fa strada tra le linee di queste biografie gonfiate, l'autoelogio trasuda da ogni parola, sminuendo la credibilità non solo dell'autore, ma anche dell'opera stessa. Dopotutto, se la biografia è un groviglio di mezzeverità e gonfiate gloriose, cosa dire del contenuto del libro?
E qui scatta l'aneddoto. C'era una volta, in un caffè letterario polveroso e dimenticato, un tale, che si pavoneggiava con una biografia gonfiata come un pallone da fiera. Raccontava dei suoi "premi letterari" conquistati, con una grazia che avrebbe fatto arrossire persino il più vanaglorioso dei pavoni. Il problema era che i premi in questione consistevano principalmente in un trofeo di plastica opaca che sembrava provenire da un bazar locale e in un certificato di partecipazione ingiallito. Il tipo, nella sua incrollabile convinzione, faceva sì che questi insignificanti riconoscimenti sembrassero scintillanti medaglie d'oro conquistate in una guerra letteraria titanica. Gli amici e i parenti applaudivano, anche se alcuni sembravano confusi su quale fosse esattamente il titolo del premio e dove avesse luogo questo glorioso evento. Tuttavia, il nostro amico sorrideva e continuava a riempire il suo palloncino biografico con più gas, sperando che nessuno notasse che il suo libro era tanto sottile quanto le mie affermazioni pompose.
RICORDIAMO: le biografie gonfiate sono come bolle di sapone, brillanti ma fragili, destinate a scoppiare sotto il peso della verità
L'Arte della Sottolineatura: una Trama Secondaria di Autoencomio
Ma non è solo nelle quarte di copertina e nelle biografie che l'autoelogio fa capolino. No, gli autori ingegnosi trovano modi subdoli per infilarlo anche nel tessuto stesso della trama. Il protagonista maschile potrebbe essere un alter ego glorificato dell'autore, dotato di una bellezza e di una saggezza sovrumane, che conquista il cuore di ogni personaggio femminile presente nella storia. La protagonista femminile, d'altra parte, potrebbe essere una versione idealizzata dell'autrice stessa, dotata di un'intelligenza acuta e di un fascino irresistibile, lasciando tutti gli uomini della storia a bocca aperta. Mentre ci si imbatte in questi personaggi disegnati con tratti così familiari, non possiamo fare a meno di chiederci se l'autore abbia mai sentito parlare dell'umiltà o se l'autoencomio sia diventato una seconda natura per loro. Eppure, ciò che potrebbe sembrare un'inflazione innocente può trasformarsi in un'espressione tanto patetica da distrarre il lettore dall'essenza stessa della narrazione.
Nel mio cilindro magico ho ovviamnete un altro aneddoto da condividere. In una Fiera del Libro ricordo uno scrittore che vantava con orgoglio di aver scritto un "romanzo semi-autobiografico". Mentre mi invitava a sfogliarlo, descriveva con enfasi il suo protagonista maschile impeccabile, dotato di un fascino irresistibile. "È una versione idealizzata di te stesso?" gli chiedo (sì, sono bastarda e non lo nego!). E lui, con un sorriso compiaciuto: "No no, me lo dicono tutti che assomiglio a ...(nome di un attore che non ricordo e altre robe imbarazzanti per le mie precchie). Mentre ascoltavo la sua storia, ricordo di aver avuto una reazione allergica.
RICORDIAMO: le autobiografie camuffate da romanzi sono come specchi deformanti, riflettono un'immagine ideale che nasconde la verità nascosta dietro la finzione
L'Inganno Sottile del Verbo "Distinguersi"
Una delle tattiche preferite degli autori è l'uso sottile del verbo "distinguersi". "L'autore si distingue per la sua straordinaria capacità narrativa" (detto da un autore self publishing non è il massimo, più sopportabile detto dal suo editore, che comunque deve stare attento a non trasformarsi in un imbonitore). Ma quale è esattamente il parametro per questa distinzione? È una capacità narrativa che trasuda originalità e innovazione, o è una forma di autocopiatura camuffata da un'illusione di unicità? Il termine "distinguersi" sembra offrire un ampio spazio all'interpretazione, permettendo agli autori di afferrare qualsiasi sprazzo di luce nella loro scrittura e trasformarlo in un trionfo epico. Ma la triste verità è che, mentre si sforzano di distinguersi, molti finiscono per confondersi nella massa delle auto-lodi senza fine. L'effetto? Un mare di libri che si somigliano tutti, in cui la vera distinzione diventa un'entità evanescente, oscurata dalla nebbia dell'auto-ammirazione.
Immagina un autore che porta con sé il profumo acre della sicurezza in sé stesso. Quante volte ti sarà capitato di vedere un autore lanciarsi in un'analisi appassionata sul suo ultimo romanzo, che, a suo dire, lo eleva al di sopra della massa informe dei mediocri. Della serie: "Il mio stile è inconfondibile". "Mi distingo dagli altri per la mia audacia nell'affrontare temi complessi e la mia abilità unica di dipingere mondi che prendono vita sotto gli occhi del lettore." Auto-proclamatisi geni letterari non è salutare. Un conto è l'autostima e un conto è l'egomania.
RICORDIAMO: A volte l'illusione di distinguersi nasconde la verità amara dell'omologazione.
E che cosa dire quando l'Ego Ingrato soffoca il Genio Creativo?
Infine, l'autoelogio incessante, l'ingrandimento esagerato e l'illusione di grandezza possono soffocare il vero genio creativo che giace sotto la superficie di un autore. Mentre si perdono nell'autocelebrazione, molti autori trascurano l'aspetto più cruciale della loro arte: la capacità di connettersi con il lettore attraverso una storia autentica e una prosa coinvolgente. L'ego, se non controllato, può diventare il nemico nascosto che mina la validità di un lavoro letterario, scacciando i potenziali ammiratori con la sua prepotenza invadente. E in questo triste processo, sia l'autore che il suo lavoro subiscono un danno irreparabile. L'arte della scrittura dovrebbe essere un atto di umiltà e un invito alla condivisione, non un trampolino per il proprio ego. Solo quando gli autori abbracceranno l'umiltà e abbandoneranno l'auto-ammirazione potranno sperare di creare opere che durino nel tempo, al di là delle superficiali promesse delle quarte di copertina.
RICORDIAMO: chi si autodefinisce un genio spesso scambia l'arroganza per intelligenza e l'ostinazione per genialità, dimenticando che l'umiltà è la vera dimora della grandezza
Cari amici lettori e colleghi autori, siamo giunti alla fine di questo viaggio nell'oscuro regno dell'autoelogio letterario. Mentre gli autori continuano a tessere l'intricata rete delle proprie lodi, speriamo che possano ritrovare il coraggio di lasciare che la loro arte parli da sola, senza bisogno di frasi pompose o di biografie gonfiate. Che possano abbracciare l'umiltà come compagna costante e lasciare che le loro storie siano l'incantesimo che incanta i lettori, senza la necessità di pomposi encomi. Forse allora, la narrativa tornerà a essere ciò che è sempre stata destinata ad essere: una finestra aperta su mondi alternativi e un ponte che unisce le anime dei lettori e degli autori. E, chissà, forse un giorno non troppo lontano, le quarte di copertina saranno finalmente liberate dalla prigionia dell'autoelogio e torneranno a ciò che dovrebbero essere: una semplice introduzione alla meraviglia che si cela tra le pagine di un libro. L'umiltà, dopo tutto, è l'ingrediente segreto che rende indimenticabile ogni grande opera, rendendo l'autore invisibile dietro il suo stesso capolavoro.
AMEN! ANDIAMO TUTTI IN PACE!
Siete d'accrodo?
In quali frasi più ridicole vi siete imbattuti leggendo le quarte di copertina o post sui social?
P.S. Nell'articolo in questione, non si fa alcun riferimento al "narcisismo", dato che questo è un disturbo di personalità delicato e non si intende in alcun modo offendere chi ne soffre.