
Genere: retelling
Premessa
Devo ammettere che, quando la moda letteraria dei retelling è tornata in auge, rimasi un po’dubbiosa. Non riuscivo a comprendere che senso avessero le rivisitazioni. Perchè riscrivere il già esistente e modificarlo, magari rischiando un risultato deludente rispetto alla fiaba/leggenda/romanzo originale? Pensavo, erroneamente, che fosse un po’ come distorcere testi sacri nella loro perfezione, se non addirittura un’operazione irriverente e presuntuosa. Credevo che i retelling mi potessero procurare la stessa sensazione di quando ascolto la cover di una canzone con l’inserimento di barre trap o roba del genere. Poi, superando i miei preconcetti, perché di questo si trattava (fortunatamente ne sono raramente vittima, ma quando accade, cerco sempre di superare la mia sensazione iniziale) mi si è aperto un mondo meraviglioso, di cui oggi sono una turista curiosa e affezionata. Per rimaneggiare un testo ci vuole certamente una buona dose di coraggio. I retelling ben fatti rendono onore al nucleo narrativo originale. Una fiaba, affidata a mani esperte, può brillare di una luce diversa che nulla toglie a quella originale, ma semmai aggiunge. Per reinterpretare,ovviamente, bisogna prima entrare in perfetta connessione con i contenuti e i messaggi originali della “storia madre”. A quel punto la creatività dell’autore può prendere forma, smussare o acuire le parti che preferisce, modificare e giocare sulla trama secondo la sua sensibilità e quindi costruire qualcosa di sorprendente e imprevisto ed è qui proprio il bello dei retelling, quando cioè gli autori riescono a risvegliare la curiosità dei lettori, soprattutto se “morbosamente” attaccati alle storie originarie. E così le differenze diventano camei che impreziosiscono il tessuto narrativo di nuovi significati, nuovi colori e nuove emozioni.
DESCRIZIONE/QUARTA DI COPERTINA
Vasilisa è una fanciulla dal cuore buono e dall’animo coraggioso, conduce una vita serena e operosa insieme ai suoi amati genitori, nella loro fattoria. Finché un giorno una misteriosa malattia colpisce sua madre. Prima di morire, la donna le affida un cimelio di famiglia segreto e potente: una bambola benedetta. Proteggerà Vasilisa e la soccorrerà nei momenti disperati, ma non potrà sottrarre la ragazza alle prove che il destino ha in serbo per lei, tra cui un incontro con la terribile Baba Yaga, strega potente e vendicativa che vive nel cuore della foresta. Ma Vasilisa saprà vincere le avversità, grazie alla benedizione della bambola ma anche perché lei ha la tenacia delle stelle: sa brillare più forte per resistere agli attacchi del buio.
RECENSIONE BREVE
La bella Vasilisa, Baba Yaga e la bambola benedetta di Antonella Vigliarolo è un signor retelling della fiaba russa, che si lascia amabilmente divorare in poche ore. Come lo so? Esperienza personale: sono caduta in trance e in neanche quattro ore mi sono trovata all’ultima pagina.
Non mi soffermo sulla trama perché la quarta di copertina è esplicativa quanto basta e inoltre è corrispondente all’originale russa.
Per comprendere meglio il lavoro di Antolla Vigliarolo, ho voluto leggere “Vasilisa la bella”
nella raccolta di fiabe russe di Alexandr Afanas'ev (1863). La sensibilità dell’autrice spicca sin dalle prime pagine, nel delineare il rapporto con Vasilisa e la sua mamma, rendendolo quanto di più dolce si possa immaginare. L’autrice dà voce alla donna, poco prima della sua dipartita, con un discorso rivolto alla sua piccola da spezzare il cuore. Ogni singola parola rende evidente la consapevolezza della morte imminente e della sofferenza per l’abbandono. Che cosa c’è di più terribile di dover lasciare la propria bambina? La bambola benedetta, testimonianza del legame forte tra madre e figlia sarà quindi una sorta di angelo custode per la bambina, pronto intervenire al bisogno. La storia procede sostanzialmente in modo identico all’originale, mantenendo i temi trattati (amore materno, magia, speranza, cattiveria e invidia, dicotomia male e bene) e inalterata la delicatezza del racconto, la descrizione dell’ambiente (come la casa inquietante della strega fatta di ossa, teschi e sorretta da zampe di gallina) e dei personaggi (i tre cavalieri, Baba Jaga, la matrigna e le due sorellastre), il messaggio di speranza e di forza contro le avversità. Quindi no, nessuna bambola bendetta trasformata in una bambola-assassina da film horror e nessuna strega ravveduta o poi non così malvagia, nessun rovesciamento nel gioco delle parti, nessun inserimento di personaggi nuovi o altro. L’autrice ha quindi optato in questo senso per una narrazione fedele all’originale. Ha raccontato la favola con uno stile semplice e pulito, accompagnandola con illustrazioni, da lei stessa eseguite, rendendo il tutto piacevole e accattivante.
La fiaba di Vasilisa, che di per sé già presenta diverse analogie con Cenerentola e Hansel e Gretel, che ce la rendono familiare, trova una vita nuova in questo retelling dal ritmo incalzante, dall’atmosfera gotica e più che rispettoso della fiaba raccontata da Afanas'ev.
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